La Corte di cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza depositata il 18 marzo nella causa n. 5419/16 ha stabilito, in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che il giudice italiano è competente in materia di fallimento di una società se quest’ultima trasferisce la sede all’estero senza che, però, al dato formale segua quello sostanziale (5419). A rivolgersi alla Cassazione una società italiana, che aveva trasferito la sede in Romania, la quale contestava la pronuncia dichiarativa di fallimento emessa dal Tribunale di Parma e confermata dalla Corte di appello di Bologna che aveva accertato la giurisdizione del giudice italiano. Conclusione condivisa dalla Cassazione che ha respinto il ricorso. E’ vero – osserva la Cassazione – che la società aveva trasferito la sede sociale in Romania in epoca anteriore alla proposizione dell’istanza di fallimento, ma tale sede non risultava operativa. Per stabilire la sede effettiva, la Cassazione ricorda la necessità di privilegiare il luogo dell’amministrazione principale della società come determinabile sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili da terzi. Va valutato, quindi, se al trasferimento all’estero della società abbia fatto seguito l’effettivo esercizio di attività imprenditoriale nella nuova sede e se non si tratti, piuttosto, di un trasferimento meramente formale. Se il luogo dell’amministrazione della società non si trova presso la sede statutaria e se l’attività di gestione è in uno Stato membro diverso dalla sede statutaria, la presunzione può essere superata valutando se al trasferimento all’estero della sede legale della società abbia fatto seguito l’effettivo esercizio di attività imprenditoriale nella nuova sede, operando così in linea con il regolamento n. 1346/200 relativo alle procedure d’insolvenza, sostituito dal regolamento 2015/848 (insolvenza) che entrerà in vigore, salvo per alcune disposizioni, il 26 giugno 2017. I giudici di merito – scrive la Cassazione – hanno accertato la non operatività della sede in Romania, la mancata apertura e utilizzazione di un conto corrente bancario, la residenza in Italia dell’amministratore della società. Tutti elementi che depongono nel senso di assenza di effettività nel trasferimento che serviva a sottrarre la società al rischio di una dichiarazione di fallimento. Giusto, quindi, considerare competente il giudice italiano.
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