Diritti umani rilevanti per l’individuazione del giudice competente in materia di diffamazione

La Corte europea dei diritti dell’uomo interviene sull’individuazione del giudice competente in materia di diffamazione. Con la sentenza depositata il 1° marzo, nel caso Arlewin contro Svezia (CASE OF ARLEWIN v. SWEDEN), Strasburgo ha ritenuto che la dichiarazione di incompetenza da parte dei giudici svedesi, a fronte dell’azione per diffamazione avviata da un individuo leso da un programma televisivo trasmesso in diretta in Svezia ma transitato attraverso il satellite in Regno Unito, è contraria al diritto a un equo processo garantito dall’articolo 6 della Convenzione europea. A rivolgersi alla Corte, un cittadino svedese accusato in un programma televisivo di aver partecipato a un’organizzazione criminale operativa nel settore dei media e della pubblicità. Tuttavia, i tribunali svedesi, in primo e secondo grado, avevano escluso la propria giurisdizione perché era stata una società inglese a inviare il programma via satellite in Svezia. La Corte suprema aveva anche respinto la richiesta di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea sul regolamento n. 44/2001 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (sostituito dal regolamento n. 1215/2015, di analogo contenuto).

La scelta dei giudici svedesi, che hanno rigettato la giurisdizione, è stata bocciata da Strasburgo perché anche se il programma era transitato sul satellite inglese, la trasmissione era rivolta al pubblico svedese, era stata prodotta in Svezia e in lingua svedese. Non solo. Il danno si era verificato in Svezia perché lì si trovava colui che si riteneva diffamato e colui che era accusato di diffamazione. Pertanto, alla luce della circostanza che sussistevano forti collegamenti tra le conseguenze provocate dal programma e la Svezia, quest’ultima doveva consentire l’accesso a un tribunale tanto più che era del tutto irragionevole chiedere al ricorrente di agire dinanzi ai tribunali inglesi. La Corte, poi esprime anche alcune considerazioni sulla direttiva 2010/13 relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), chiarendo che l’articolo 28 non si riferisce alle azioni di diffamazione, ma solo al diritto di replica, senza per di più occuparsi delle questioni di giurisdizione legate alla diffamazione derivante dalla diffusione transfrontaliera di programmi. Riguardo al regolamento Bruxelles I, Strasburgo ritiene che, in base agli articoli 2 e 5, entrambi gli Stati potrebbero avere la giurisdizione. Tuttavia, considerando che il contenuto, la produzione e la trasmissione del programma hanno stretti collegamenti con la Svezia e che il danno si è verificato nel Paese scandinavo, la Svezia ha un obbligo, in base all’articolo 6 della Convenzione, di garantire un diritto di accesso ai tribunali. Il diniego di giurisdizione, quindi, porta la Corte a condannare la Svezia obbligandola a versare un indennizzo di 12mila euro per danni non patrimoniali.

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