I contractors italiani, che avevano agito in territorio iracheno ed erano stati sequestrati nel 2004, non possono essere qualificati come mercenari. Lo ha stabilito la Corte d’Assise di Bari con la sentenza depositata il 12 ottobre scorso (contractors), con la quale i giudici hanno assolto dal reato di cui all’articolo 288 c.p., che vieta l’arruolamento non autorizzato di cittadini italiani nel territorio dello Stato se militano al servizio o a favore dello straniero, due imputati che avevano una ditta operante nel settore della sicurezza e nella gestione dei rischi e che avevano lavorato a Baghdad. Tale norma, le cui pene sono state inasprite a seguito della ratifica italiana (legge 210/1995) della Convenzione internazionale del 1989 contro il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’istruzione dei mercenari, trova applicazione solo se l’attività è svolta a favore dello straniero mentre, nel caso in esame, i contractors avevano agito unicamente come operatori di sicurezza di cose e persone «non direttamente coinvolte nel conflitto armato o nella missione multilaterale». Inoltre, precisa la Corte, dalla lettura dei contratti di lavoro risulta che era escluso «in radice il requisito della partecipazione diretta alle ostilità o comunque alle operazioni militari, che costituisce il proprium della figura del mercenario».
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Andrea
novembre 13, 2010Si tratta di una sentenza di particolare interesse che pone il problema di capire se l’articolo articolo 288 c.p., che “vieta l’arruolamento non autorizzato di cittadini italiani nel territorio dello Stato se militano al servizio o a favore dello straniero”, sia da considerarsi come una norma che riguarda solo i mercenari, oppure possa essere intesa in senso piú ampio. La Corte riflette sul significato dei concetti di “arruolamento” e “militanza”, offrendo un’interpretazione che forse non esclude che l’ articolo 288 possa coprire anche l’attivitá di quei private contractors che partecipino ad attivitá di combattimento a favore di una delle parti di un conflitto al di lá che lo facciano per ragioni di legittima difesa.