Il legame affettivo del minore conta più di quello biologico. Lo dice Strasburgo

Il legame affettivo con il minore deve essere salvaguardato. Anche quando un test biologico accerta che il presunto padre non era il genitore del bambino. E’ il principio stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, con la sentenza di condanna alla Russia, depositata il 16 luglio, rafforza l’interesse superiore del minore e il diritto di un adulto a mantenere il legame stabile con i minori (CASE OF NAZARENKO v. RUSSIA). Il ricorrente, che aveva avuto una figlia con l’ex moglie, aveva divorziato. Entrambi gli ex coniugi avevano chiesto l’affido esclusivo. Tuttavia, la donna aveva negato la paternità dell’uomo. Dopo il test di paternità, accertato che l’ex marito non era il padre, l’uomo aveva perso ogni diritto e la possibilità di mantenere un legame con la bimba, malgrado per 5 anni avesse avuto un rapporto stabile e di grande affetto. Un’evidente violazione della Convenzione, scrive la Corte europea. In base all’articolo 8, che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare, il padre aveva diritto, anche in assenza di un legame biologico, a mantenere il rapporto con la figlia. D’altra parte, la nozione di vita familiare non è confinata ai rapporti tra coniugi né è basata unicamente sul matrimonio, quanto piuttosto sulla reale esistenza dei legami familiari. La coabitazione – prosegue Strasburgo – è certo un elemento significativo, ma non è l’unico perché vanno valutati i legami affettivi e ogni altro fattore. Di conseguenza, l’interesse superiore del minore non può essere presunto in via automatica in base a una mera previsione legislativa. La scelta delle autorità russe, dovuta a una legislazione inflessibile che spezza ogni legame tra colui che non è il genitore biologico e il minore, contrasta con la Convenzione e non permette la realizzazione dell’interesse superiore del minore. Di qui la condanna alla Russia.

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