Il marchio che richiama la mafia è contrario ai valori fondamentali dell’Unione

Un marchio che rinvia a un’organizzazione criminale e banalizza i crimini sferrati dalla mafia non può essere registrato dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) anche perché colpisce i valori fondamentali dell’Unione. E’ quanto ha stabilito il Tribunale Ue con la sentenza depositata ieri (causa T-1/17, T-1:17) con la quale gli eurogiudici hanno sostanzialmente dato ragione all’Italia che si opponeva alla registrazione del marchio “La Mafia se sienta a la mesa” voluto da una società spagnola di ristorazione. Quest’ultima aveva chiesto all’EUIPO la registrazione del marchio e l’Italia si era opposta in quanto il marchio – a suo dire – era contrario all’ordine pubblico e al buon costume. Una visione condivisa dall’Ufficio europeo. L’azienda, tuttavia, aveva impugnato la decisione EUIPO del 27 ottobre 2016 dinanzi al Tribunale che, però, ha respinto il ricorso dando ragione all’Italia. 

Lussemburgo ha chiarito che, in quanto organismo dell’Unione europea, l’EUIPO “deve mantenere una posizione rigorosa nei casi che trasgrediscono i principi e i valori di base della società europea” e, quindi, l’Ufficio è tenuto a respingere ogni registrazione di marchi che vadano a sostegno di un’organizzazione criminale. Il Tribunale ha poi constatato che l’elemento verbale “la mafia” occupava una posizione di primo piano nel marchio mentre l’espressione “si siede a tavola” era molto più ridotta. Nessun dubbio, quindi, che il marchio richiamasse immediatamente l’organizzazione criminale responsabile di attacchi “particolarmente gravi all’ordine pubblico”. Poco importa – scrivono i giudici Ue – che il marchio intendesse evocare la saga cinematografica “Il Padrino” perché, in ogni caso, resta inalterata la percezione negativa del marchio da parte del pubblico di riferimento. Tanto più che l’espressione “si siede a tavola” richiama un elemento di convivialità che ha l’effetto di banalizzare le attività illecite di un’organizzazione criminale pericolosa. Di conseguenza, per il Tribunale, “l’associazione dell’elemento verbale “la mafia” alle altre immagini del marchio contestato è di natura tale da dare un’immagine globalmente positiva delle azioni della mafia e, in tal modo, banalizza la percezione delle attività criminali di tale organizzazione”. Il marchio, inoltre, prosegue il Tribunale, non offende solo le vittime di quest’organizzazione criminale, “ma anche chiunque nel territorio dell’Unione, si trovi di fronte detto marchio e abbia un normale grado di sensibilità e tolleranza”. Di qui la nullità del marchio e il rigetto del ricorso dell’azienda spagnola.

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