Il trasferimento della sede legale non blocca la giurisdizione italiana in materia di insolvenza

Se il trasferimento della sede all’estero avviene prima del deposito dell’istanza di fallimento, ma ha natura fittizia il giudice italiano mantiene la propria competenza. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 20144/11, resa a Sezioni Unite e depositata il 3 ottobre 2011 (11). La vicenda approdata in Cassazione ha preso il via da un’istanza di fallimento nei confronti di una società registrata in Italia che aveva trasferito, prima della presentazione delle domande di fallimento, la sede legale nel Delaware e il centro degli interessi in Gran Bretagna. I legali dell’azienda sostenevano che la giurisdizione dovesse essere radicata in questo Stato in base all’articolo 3 del regolamento Ce n. 1346/2000 e non in Italia. Una tesi non condivisa dalla Cassazione, secondo la quale deve essere mantenuta la competenza del giudice italiano se lo spostamento di sede si realizza prima delle istanze di fallimento, ma a ridosso di queste ultime facendo sospettare che questo spostamento sia un espediente funzionale al forum shopping. Per la Suprema Corte, il trasferimento in uno Stato extracomunitario della sede della società, anche se anteriore al deposito dell’istanza di fallimento, non esclude la giurisdizione italiana “essendo essa inderogabile – salve le convenzioni internazionali o le norme comunitarie – secondo il disposto degli articoli 9 e 10 della legge fallimentare e dell’articolo 25 della legge n. 218/95…”. Per quanto riguarda il regolamento n. 1346/2000, la Cassazione ritiene che il carattere fittizio del trasferimento di sede legale non accompagnato dall’effettivo esercizio dell’attività economica, senza spostamento del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa comporta la permanenza della giurisdizione italiana.

No tags 0 Commenti 0

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *