La Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 2867 depositata il 5 febbraio 2021 (2867) ha stabilito importanti principi in materia di successioni transnazionali e sulla questione preliminare della qualificazione da regolare secondo la legge n. 218/95. La vicenda al centro del ricorso in Cassazione presentato da un uomo che aveva acquistato quote ereditarie, ha preso il via dal ricorso della moglie, italiana, di un cittadino inglese, deceduto a Milano due mesi dopo il matrimonio con la donna. Il defunto, con testamento redatto a Londra nel 1997, aveva assegnato alla moglie un legato di 50mila sterline, lasciando gli altri beni mobili nonché quelli immobili, situati in Italia, ai sette figli, nati da altro matrimonio. Secondo la donna, poiché il marito era cittadino inglese, il testamento doveva essere considerato revocato dal nuovo matrimonio. Per i figli del de cuius, invece, andava applicata la legge italiana e il testamento doveva essere considerato pienamente valido. Il Tribunale di Milano prima e la Corte di appello poi hanno accolto il ricorso della donna, hanno considerato revocato il testamento e ritenuto applicabile il diritto inglese. La seconda sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 18/20, depositata il 3 gennaio 2020, prima di pronunciarsi, ritenendo le questioni sollevate della massima importanza, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite che hanno accolto il ricorso di P. J. il quale aveva acquistato le quote ereditarie dei figli del de cuius e che sosteneva la violazione e/o la falsa applicazione delle disposizioni di diritto internazionale privato italiano e inglese. Per la Cassazione, che ha sbrogliato una matassa di controricorsi e ricorsi incidentali, nel caso in esame va applicata unicamente la legge n. 218/95 e questo anche con riferimento alla questione preliminare della revoca testamentaria. E’ vero – scrive la Cassazione – che la legge n. 218 non risolve il problema delle qualificazioni, ma questo comporta che la natura della norma vada affrontata in base alla lex fori. Così, per l’individuazione della norma di conflitto da applicare in rapporto alla specifica domanda, “il giudice deve determinare il significato delle espressioni giuridiche che connotano le categorie di fattispecie sulla base della lex fori, e cioè secondo i canoni di qualificazione propri dell’ordinamento italiano, cui tale norma appartiene”. E’ così esclusa la soluzione del problema delle qualificazioni sulla base della lex causae. Per la Corte, quindi, va applicato l’articolo 46, che si occupa della legge applicabile alle successioni, e l’articolo 13 sul rinvio e, di conseguenza, la questione preliminare relativa alla revoca del testamento come inerente ai rapporti tra coniugi (seconda qualificazione) ha rilievo solo se le norme di conflitto italiane richiamino la legge inglese. Ad avviso della Cassazione, che si è soffermata sui principi di unitarietà e universalità fissati nell’ordinamento italiano, che differisce da quello inglese incentrato sulla scissione, la contemporanea operatività degli articoli 13 e 46 impedisce che per il solo fatto che il cittadino inglese, che non ha scelto la legge di residenza (come possibile in base all’articolo 46, comma 2), abbia usato una forma propria dell’ordinamento inglese per il testamento, questo determini che l’intera successione sia disciplinata dalla legge inglese. Pertanto, risulta applicabile la legge inglese in quanto legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta (articolo 46, comma 1) e, per l’operare del rinvio indietro (articolo 13), la legge italiana, in quanto quella inglese prevede per i beni immobili il rinvio alla lex rei sitae. Si verifica – osserva la Suprema Corte – una scissione tra beni immobili e beni mobili del defunto, l’apertura di due successioni e la formazione di due distinte masse ereditarie per le quali sono applicabili due diverse leggi, situazione che non determina, però, alcun contrasto con l’ordine pubblico internazionale.
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