La disciplina italiana sulle intercettazioni telefoniche all’esame di Strasburgo

La decima sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo, il 5 ottobre, ha comunicato al Governo italiano il ricorso presentato a Strasburgo da un magistrato italiano (all’epoca dei fatti Presidente del Tribunale del riesame di Napoli, ricorso n. 14064/07, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=14064/07&sessionid=60844867&skin=hudoc-cc-en) che era stato oggetto di intercettazioni decise dalla procura di Roma per verificare le dichiarazioni di un pentito che accusava il magistrato di corruzione in atti giudiziari. Le intercettazioni erano poi state pubblicate sull’Espresso. Il ricorrente ritiene che sia stato violato l’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché l’articolo 6 in materia di presunzione d’innocenza e 13 perché non ha avuto alcun modo di contestare il provvedimento che disponeva le intercettazioni. La Corte ha chiesto al Governo di fornire le proprie osservazioni soprattutto per accertare se lo Stato italiano ha rispettato l’obbligo positivo che deriva dall’articolo 8 della Convenzione che, come stabilito nella sentenza Craxi contro Italia del 17 luglio 2003 (ricorso n. 25337/94), impone la punizione dei funzionari responsabili della divulgazione di informazioni coperte da segreto istruttorio.

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