La prescrizione troppo breve blocca le indagini sulla corruzione internazionale in Italia. Lo dice l’OCSE

Per combattere la corruzione nelle transazioni economiche internazionali l’Italia deve modificare le norme sulla prescrizione. Troppo brevi i termini per concludere i processi, che si concretizzano in una sostanziale impossibilità di punire i corrotti. Non solo. L’Italia deve anche modificare le regole sulla concussione che non può essere considerata come un’attenuante nei fenomeni corruttivi e permettere al corruttore di sfuggire alle proprie responsabilità. Lo scrive l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel rapporto sull’Italia divulgato a gennaio 2012 (49377261) e adottato per verificare lo stato di attuazione della Convenzione  sulla  lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali del 17 dicembre 1997 (in vigore sul piano internazionale dal 15 febbraio 1999 e, per l’Italia, dal 15 febbraio 2001, con la legge di ratifica del 29 settembre 2000, n. 300). Per garantire l’attuazione di alcune norme della Convenzione è stato anche adottato il Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 che disciplina la responsabilità amministrativa delle società per i reati di corruzione sia interna che internazionale.

L’Italia – precisa il working group costituito da 3 esperti che ha effettuato la verifica nel luglio 2011 – ha concluso indagini nei confronti di 60 indagati per casi di corruzione di pubblici ufficiali stranieri (9 ancora sotto inchiesta), ma solo 3 società e 9 persone fisiche sono state sanzionate e tutte, però, solo attraverso il patteggiamento. Molti casi, invece, sono stati chiusi a causa della prescrizione. Questo perché i limiti di prescrizione troppo breve impediscono la conclusione di molti processi. A settembre 2011 nell’inchiesta Oil Company, un imputato è stato condannato, ma mentre pendeva l’appello è scattata la prescrizione a gennaio 2012.

L’Italia deve quindi modificare le norme su questo punto, oltre a prevedere sanzioni effettivamente dissuasive e strumenti più efficaci in maniera di revisione contabile. Indispensabile, poi, introdurre una normativa che assicuri protezione ai cosiddetti “whistleblower”, assicurando tutele su chi, dall’interno, segnala casi di corruzione. Il Working group ha evidenziato anche alcuni aspetti positivi come l’impiego del patteggiamento, il ricorso alla confisca utilizzata nei confronti di alcuni indagati nel caso del traffico d’armi con la Libia, nella vicenda Pirelli/Telecom, nel caso Cogim e Oil Company, la cooperazione con gli altri Stati parti alla Convenzione e la diffusione di buone prassi all’interno delle aziende. Durante la visita, le autorità italiane hanno segnalato che sono in corso indagini per altri 9 casi, uno dei quali riguardante la costruzione di un impianto di gas in Nigeria con continui contatti con le autorità di altri Stati (in testa gli Stati Uniti).

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