Le misure che bloccano l’accesso a internet violano la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Il blocco all’accesso a Google deciso dalle autorità giudiziarie turche è in contrasto con il diritto alla libertà di espressione garantito dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ la conclusione raggiunta dalla Corte europea con sentenza del 18 dicembre (Ahmet Yildirm contro Turchia, AFFAIRE YILDIRIM c. TURQUIE) con la quale Strasburgo ha fornito importanti chiarimenti sul margine di discrezionalità concesso agli Stati negli interventi che limitano l’accesso al web, intervenendo sul rapporto tra libertà di espressione e nuove tecnologie. Alla Corte si era rivolto un docente turco che nel suo sito web aveva diffuso alcuni testi che, secondo le autorità giudiziarie turche, offendevano la memoria di Ataturk. Inizialmente era stato oscurato il suo sito ma, successivamente, era stato bloccato l’accesso a Google che ospitava il sito del docente. Questa era stata considerata dalle autorità giudiziarie turche l’unica misura effettiva considerando che il proprietario del sito aveva sede all’estero. Di diverso avviso la Corte europea che ha constatato una violazione della Convenzione. Prima di tutto – osserva Strasburgo – internet è ormai divenuto lo strumento principale con il quale esercitare la libertà di espressione e di informazione: esso, quindi, gode della protezione convenzionale. Una restrizione all’accesso alle fonti di informazione può essere ammessa solo in casi eccezionali e in presenza di un espresso quadro normativo. E’ quindi esclusa la possibilità di applicare in via analogica misure restrittive, non previste espressamente in un testo legislativo, senza dimenticare che il diritto alla libertà di espressione si applica “senza riguardo alle frontiere”. Constatata la violazione della Convenzione, la Corte ha imposto alla Turchia di versare 7.500 per i danni non patrimoniali subiti dal ricorrente.

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