Le risposte sbagliate dell’Europa e dell’Italia alla tragedia dei migranti

Blocco navale o dovere dell’accoglienza? L’Italia, l’Europa non hanno scelta: la seconda strada è l’unica. E non per una questione politica. Quanto per l’applicazione di precisi trattati che segnano non solo la storia del nostro continente, ma piuttosto la sua stessa identità. Siamo obbligati alla solidarietà non per un questione umanitaria, che sarebbe già sufficiente, ma perchè questa è l’Europa e questi sono gli ideali sui quali si fondano le norme che regolano il nostro stare insieme e il nostro comune patrimonio culturale e ideale.

La tragedia del canale di Sicilia, la più grave di sempre se dovesse confermato il numero di vittime, ci dice, piuttosto, che l’Europa reale è molto lontana da quell’Europa legale che i fondatori dell’Unione sognarono, vollero e costruirono. E cioè un’Europa che riassumesse nella sua bandiera “unita nella diversità”, i valori comuni del rispetto dei diritti umani, della non discriminazione, della solidarietà, impressi a chiare lettere nel Trattato e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’ecatombe nel Mediterraneo era annunciata, e questo ormai è un macabro ritornello. Ma era stata in un certo senso predetta dalle parole, pronunciate il 15 aprile, dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, António Guterres, che aveva lanciato l’allarme chiedendo misure urgenti per evitare la serie di tragedie nel Mediterraneo (mediterraneo). Che è ormai considerata una delle rotte più pericolose per i migranti – molti dei quali richiedenti asilo – al pari di quelle al largo delle Bahamas, nel Golfo di Aden e nel Bengala. Eppure l’operazione Mare Nostrum, tutta sulle spalle dell’Italia che a un certo punto non ha più inteso proseguirla per una precisa scelta politica della quale evidentemente nessuno paga le conseguenze, non è stata sostituita da meccanismi analoghi e adeguati con la conseguenza che continuano i morti. Proprio per questo l’Onu aveva chiesto all’Unione europea una risposta urgente con un sistema di visti più flessibile, un rafforzamento dei programmi di ricongiungimento, un meccanismo di compensazione per le navi che procedono al salvataggio di vite umane e un sistema pilota di ricollocamento per i rifugiati. Certo la risposta non poteva essere la missione Triton, ridicola per il numero di forze, anche economiche, impiegate e del tutto inadeguata anche perché funzionale non al soccorso ma al solo controllo delle frontiere esterne. E questo malgrado l’Unione europea abbia la responsabilità politica della gestione integrata delle frontiere e nonostante la politica dell’immigrazione sia stata comunitarizzata sin dal 1997.

La sveglia per l’Unione europea, però, non è  suonata per tempo. Con un’aggravante visto che la presenza dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, che è anche vicepresidente della Commissione europea, avrebbe dovuto assicurare risposte concrete, facendo in modo che la questione arrivasse sui tavoli di Bruxelles prima della tragedia. Tenendo conto, per di più, dello stretto collegamento tra odierne ondate migratorie e crisi libica. Suonano così tardive e del tutto stonate le parole pronunciate dall’Alto Rappresentante che solo di fronte all’ennesima strage ha deciso di mettere la questione dell’immigrazione all’ordine del giorno del Consiglio affari esteri fissato per il 20 a Lussemburgo.“Ora è tempo per l’Unione europea – ha detto l’Alto rappresentante – di fermare queste tragedie senza ritardo”! Eppure non è stata la prima tragedia proprio su quelle rotte. Tra le altre, nel 2013, il dramma a Lampedusa, con 366 morti. E anche oggi, all’indomani dell’ecatombe nel Mediterraneo, il Consiglio affari esteri ha partorito un topolino, un documento in dieci punti che mostra, ancora una volta, la sottovalutazione della questione che ha al centro vite umane (IP-15-4813_EN). Basti pensare al carattere volontario del progetto di ricollocamento dei migranti tra i Paesi membri. L’Italia non ha così ottenuto nulla e paga ancora una volta il prezzo dello scarso peso politico sullo scenario internazionale e in particolare nell’Unione europea visto che non è riuscita a spingere Bruxelles a interventi efficaci. Ed è poi divisa tra rispetto degli obblighi internazionali, dal salvataggio in mare all’assistenza adeguata ai richiedenti asilo, passando per l’individuazione e la punizione dei responsabili della tratta degli esseri umani, a una sostanziale incapacità nella messa in campo di strumenti adeguati. Basti pensare che il Governo, con il Ministro dell’interno Alfano aveva considerato Triton come un grande risultato dell’Italia (alfano).

Adesso quali strade? Certo non il bombardamento delle navi, il blocco navale o l’intervento militare in Libia che sono opzioni di propaganda ma non applicabili in termini giuridici e concreti, tanto più in assenza di una decisione dell’ONU. Senza dimenticare una questione centrale: i diritti umani devono essere assicurati anche e soprattutto nei sistemi di controllo dei confini. Così come non è ipotizzabile, in termini di realizzazione concreta, la previsione di punti per la concessione dell’asilo in Libia. Troppi rischi per chiunque decida di intervenire. E allora l’unica strada da percorrere è quella di garantire l’obbligo di soccorso, sancito dall’articolo 98 della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare ratificata dall’Italia, che stabilisce, in base al principio di solidarietà, il dovere di soccorso verso chiunque si trovi in mare in situazione di pericolo. E, al tempo stesso, di rispettare il principio di non refoulement con la necessità di garantire a ogni individuo accoglienza se titolare del diritto di asilo e di protezione internazionale. Con programmi di ricollocamento che l’Unione europea deve predisporre con urgenza senza lasciare spazi agli Stati che devono agire rispettando i Principi e le linee guida sul rispetto dei diritti umani alle frontiere internazionali adottati dall’Onu (OHCHR_Recommended_Principles_Guidelines). E varrebbe la pena avere presente le giuste parole di sdegno pronunciate dall’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani Zeid Ra’ad Hussein che, all’indomani della tragedia (ONU migranti) ha criticato la posizione dell’Unione europea la quale dimentica che coloro che fuggono dal proprio Paese fuggono dalla fame, dalle persecuzioni, dalle bombe, dagli stupri, da crimini contro l’umanità. Decidere di non salvare i migranti in pericolo – ha ricordato l’Alto Commissario – non significa far diminuire le ondate migratorie, né arrivare alla riduzione del traffico degli esseri umani, ma solo causare più morti in mare. Di qui la necessità anche di una commissione d’inchiesta internazionale per accertare le responsabilità della tragedia. Che certo ha un complice nell’inerzia dell’Unione europea che affonda ogni giorno di più in un egoismo senza confini e che non può liquidare una questione in cui sono in gioco vite umane con missioni simili a Triton e poi piangere morti e convocare vertici.

Si vedano i post http://www.marinacastellaneta.it/blog/tratta-degli-esseri-umani-ecco-il-primo-rapporto-del-greta-sullitalia.html e http://www.marinacastellaneta.it/blog/onu-lunione-europea-deve-intervenire-per-evitare-le-tragedie-nel-mediterraneo.html.

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