L’incitamento agli atti di discriminazione e la propaganda di idee fondate sull’odio razziale va punita

Va bene la libertà di espressione e di ricerca scientifica ma a patto che siano garantiti beni primari di valenza costituzionale e assicurati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e da altri atti internazionali. Lo dice la Corte di cassazione che, con la sentenza della I sezione civile n. 20508/12 depositata il 28 maggio (doc227) ha confermato la pronuncia della Corte di appello di Cagliari con la quale un professore universitario era stato condannato a 4mila euro di multa e al risarcimento del danno nei confronti della Comunità ebraica di Roma perché in uno scritto pubblicato sugli annali della facoltà di Cagliari aveva criticato il rito ebraico-islamico di macellazione degli animali. Il professore, infatti, non si era limitato a criticare questa prassi ma aveva aggiunto espressioni discriminatorie  diffondendo idee fondate sull’odio razziale. Di qui la condanna della Corte di appello confermata in cassazione. Per la Suprema corte, la denigrazione di un popolo per motivi di razza e religione è in contrasto con valori fondamentali che l’Italia si è impegnata a rispettare anche sul piano internazionale. Una situazione che impone il riconoscimento e la tutela di valori più alti che assicurano il rispetto della dignità umana.

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