L’Italia condannata per i tempi lunghi nell’esecuzione di una sentenza straniera sulle obbligazioni alimentari

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza del 15 luglio, ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 6 della Convenzione che assicura il diritto alla durata ragionevole del processo (AFFAIRE PANETTA c. ITALIE). Alla Corte si era rivolta una donna, con doppia cittadinanza, italiana e francese, che aveva ottenuto il divorzio dal marito, cittadino italiano. Il Tribunale francese, al quale la coppia (allora residente in Francia)  si era rivolta aveva disposto l’obbligo del marito di versare gli alimenti anche per il figlio. Fino alla permanenza in Francia, l’ex marito aveva provveduto, ma rientrato in Italia aveva cessato di corrispondere quanto dovuto. La donna aveva chiesto il riconoscimento e l’esecuzione della sentenza francese del 1998 che era avvenuto solo nel 2010. Un tempo irragionevolmente lungo, anche in ragione dell’assenza di complessità del caso, che ha portato alla condanna dell’Italia. La Corte, infatti, chiarito che per stabilire la durata eccessivamente lunga di una procedura bisogna procedere a una valutazione globale del caso, constata che la vicenda è iniziata nel 2000, data in cui il Ministro degli esteri francese aveva agito ai sensi della Convenzione di New York del 20 giugno 1956 sul recupero all’estero degli obblighi alimentari chiedendo assistenza alle autorità italiane e si è conclusa nel 2010, allorquando la Corte di appello di Reggio Calabria ha dichiarato la sussistenza delle condizioni necessarie al riconoscimento della pronuncia francese. Per quanto riguarda poi l’esecuzione forzata, il procedimento risulta ancora pendente. Tempi abnormi tanto più che l’ex marito non si era opposto al riconoscimento della sentenza. L’Italia è stata così condannata per violazione dell’articolo 6, congiuntamente all’obbligo di versare alla ricorrente 18.750 euro per i danni materiali e 2.550 per le spese sostenute.

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