L’Italia indietro sulla protezione dei minori. Lo dice il Comitato Onu sui diritti del fanciullo

Un lungo elenco di promesse non mantenute, tra le quali ogni tanto fa capolino qualche dato positivo. E’ il quadro che risulta dal rapporto del Comitato sui diritti del fanciullo, che si occupa del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione del 20 novembre 1989 (ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176), sulla situazione dei minori nel Paese, divulgato il 6 ottobre scorso (CRC/C/ITA/CO/3-4,United Nations). Molti gli interventi richiesti dal Comitato. Mancano, ad esempio, strutture pubbliche che consentano alle famiglie di avvalersi di luoghi educativi idonei per i bimbi in tenera età, con la conseguenza di un necessario ricorso a strutture private eccessivamente care. L’Italia resta indietro anche sul piano economico: ancora al palo l’adozione di una legislazione in materia di responsabilità sociale d’impresa, senza dimenticare che il progetto in discussione alla Camera e al Senato riserva poca attenzione ai diritti dei minori. Una situazione allarmante tanto più che i Paesi europei, inclusa l’Italia, permettono l’importazione di cotone da Stati in cui, per quest’attività, sono utilizzati bambini costretti a lavoro forzato. Richiesti interventi legislativi: l’Italia dovrebbe adottare, al più presto, una normativa idonea a eliminare ogni distinzione tra figli legittimi, legittimati, naturali e figli nati fuori del matrimonio e rimediare ai ritardi relativi alla mancata ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sullo status giuridico dei bambini nati fuori dal matrimonio.

Necessaria, inoltre, per il Comitato, l’adozione di una legge che vieti esplicitamente il ricorso a forme di punizione corporale poiché “molti genitori ancora considerano appropriato l’uso di schiaffi come strumento educativo”. E’ vero che sul punto si è già espressa la Corte di Cassazione, ma è necessaria un’apposita previsione normativa che codifichi espressamente il divieto. Così come va migliorata l’applicazione dell’articolo 12  della Convenzione in base al quale gli Stati sono tenuti ad assicurare che il fanciullo possa esprimere la propria opinione sulle questioni che lo interessano. La legge n. 54/2006 sull’affidamento condiviso prevede che il minore sia sentito nei casi di procedimenti di separazione, divorzio e affidamento, ma manca “un diritto esplicito del fanciullo di essere sentito in ogni procedimento civile, penale e amministrativo”.

Sul banco degli imputati anche i media che forniscono una rappresentazione negativa dei fanciulli, spesso trasmettendo immagini di minori come oggetto sessuale, soprattutto con riguardo alle giovani adolescenti. Una situazione negativa che si affianca a quanto già descritto dal Comitato sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne che, il 26 luglio 2011, aveva lanciato l’allarme sull’immagine delle donne trasmessa dai media italiani (CEDAW/C/ITA/CO/6).

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