Operativa anche in Italia la decisione quadro sul riconoscimento delle sanzioni pecuniarie

Nel completare il recepimento tardivo di numerose decisioni quadro in materia di cooperazione giudiziaria penale previsto nella legge di delegazione europea 2014, è stato pubblicato il decreto legislativo n. 37 del 15 febbraio 2016 (Dlgs n. 37), entrato in vigore il 27 marzo, con il quale è stata recepita la decisione quadro 2005/214/GAI del 24 febbraio 2005 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (GUUE L76/16, 22 marzo 2005). L’atto va coordinato con il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2016 con il quale è stata recepita la decisione quadro 2009/299/Gai del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584/Gai, 2005/214/Gai, 2006/783/GAI, 2008/909/Gai e 2008/947/Gai rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell’interessato al processo.

Anche l’Italia, quindi, procede a mettere in campo un meccanismo che permetterà la riscossione delle sanzioni pecuniarie comminate a seguito di un reato dalle autorità giudiziarie di uno Stato membro in un altro Paese Ue, tenendo conto dell’ambito di applicazione della decisione quadro che comprende unicamente le sanzioni pecuniarie legate a una condanna penale definitiva con l’esclusione, quindi, di decisioni di natura civilistica frutto di un’azione di risarcimento danni. In questa direzione, il testo disciplina la procedura attiva e quella passiva individuando le autorità nazionali competenti: nei casi in cui l’Italia operi come Stato di emissione la trasmissione all’estero compete al pubblico ministero presso il tribunale che ha emesso la decisione sulle sanzioni pecuniarie “o nel cui circondario ha sede l’autorità amministrativa che si è pronunciata in merito alla sanzione amministrativa”. La decisione sarà trasmessa allo Stato membro in cui la persona condannata dispone di beni o di un reddito o dove risiede o dimora abitualmente o, se si tratta di persona giuridica, dove ha la propria sede. Ottenuto il via libera al riconoscimento dall’autorità competente dello Stato di esecuzione, l’autorità italiana “non è più tenuta all’adozione dei provvedimenti necessari all’esecuzione”, fermo restando il potere di riassunzione se lo Stato di esecuzione comunica di non aver dato attuazione, nonché nei casi in cui alla persona condannata sia stata concessa l’amnistia o la grazia. Il riconoscimento della decisione avviene senza ulteriori formalità. Per quanto riguarda l’Italia come Stato di esecuzione, la competenza è affidata alla Corte di appello nel cui distretto la persona condannata dispone di beni o di un reddito, o dove risiede o dimora abitualmente o, se persona giuridica, dove ha sede legale. Spetta al Procuratore generale presso la Corte di appello competente chiedere il riconoscimento allo stesso organo giurisdizionale, che procede in camera di consiglio secondo le regole fissate dall’articolo 127 del codice di procedura penale. La decisione sull’accoglimento della richiesta deve essere adottata entro 20 giorni dalla data di ricevimento della decisione, con una possibile proroga di 30 giorni, previa comunicazione all’autorità dello Stato di emissione.

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