Nell’Unione europea, malgrado le norme di diritto primario e derivato, la retribuzione delle donne è inferiore, in modo sproporzionato, rispetto a quella degli uomini. Con gravi conseguenze anche sulla violenza di genere perché la minore autonomia finanziaria rende alle donne più difficile sottrarsi a relazioni violente. Un’emergenza che ha spinto il Parlamento europeo ad adottare una risoluzione sul divario retributivo di genere approvata, con 493 sì, 82 no e 79 astensioni, il 30 gennaio (TA-9-2020-0025_IT) con la quale gli eurodeputati hanno chiesto un intervento su larga scala degli Stati membri e nuove proposte da parte della Commissione europea, considerando la rimozione del divario come un obiettivo specifico nel programma che succederà alla strategia Europa 2020. Basta guardare i dati: il divario di genere nell’UE “in termini di retribuzione oraria è pari al 16%, anche se ciò varia notevolmente da uno Stato membro all’altro” (qui i dati Eurostat https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Gender_pay_gap_statistics, con l’Italia tra gli Stati che fanno peggio). Non solo: stando ai dati più recenti presentati dalla Commissione “il divario retributivo di genere aumenta fino al 40% quando sono presi in considerazione i tassi di occupazione e la partecipazione totale al mercato del lavoro” e “nell’UE soltanto l’8,7% degli uomini lavora a tempo parziale rispetto a quasi un terzo delle donne (31,3%)”, con una “specifica correlazione negativa tra la femminilizzazione di un’occupazione e il livello delle retribuzioni, come attestato dal calo dei salari medi delle imprese in cui il 65% o più dei dipendenti sono donne”. Gli eurodeputati, di conseguenza, hanno chiesto alla Commissione europea di procedere alla revisione immediata del piano d’azione sul divario retributivo di genere entro la fine del 2020, con misure da realizzare nei prossimi cinque anni, includendo una prospettiva intersettoriale e interventi che permettano l’eliminazione dei “fattori che determinano il divario pensionistico”. Il Parlamento Ue ha poi ben chiaro che molto spesso le donne vivono realtà di lavoro precario e sommerso che è, infatti, a prevalenza femminile, con impatto negativo sul reddito e su copertura e tutela previdenziale. Un miglioramento – scrivono gli eurodeputati – potrebbe arrivare dalla ratifica della Convenzione dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) n. 189 del 16 giugno 2011 sui lavoratori domestici (l’Italia l’ha ratificata il 26 gennaio 2013). Così, come è importante la ratifica della Convenzione OIL n. 190 del 21 giugno 2019 sulla violenza e sulle molestie “al fine di introdurre misure efficaci per definire, prevenire e vietare la violenza e le molestie sul luogo di lavoro, compresi meccanismi sicuri ed efficaci di denuncia e di risoluzione delle controversie, sostegno, servizi e mezzi di ricorso”. Questo anche perché per il Parlamento il divario retributivo e pensionistico di genere sono una tra le cause della violenza domestica. Senza dimenticare, come rilevato dalle Nazioni Unite, che “quasi il 35% delle donne a livello mondiale subisce molestie psicologiche o sessuali sul luogo di lavoro o molestie con gravi conseguenze in termini di aspirazioni personali e professionali, e che tali molestie sono dannose per l’autostima delle donne e la loro posizione negoziale in vista di una retribuzione più equa”. Adesso spetta alla Commissione presentare il nuovo Piano di azione, che prenderà il posto di quello 2017-2019.
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