Patenti di guida: freno al riconoscimento se è stato emesso un divieto di rilascio

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 21 maggio (C-339/14, patenti), è intervenuta a garantire la circolazione dei provvedimenti di limitazione, di sospensione o di ritiro della patente con l’obiettivo di impedire che la normativa Ue, finalizzata al riconoscimento delle patenti, sia utilizzata per aggirare le misure funzionali a punire coloro che commettono gravi infrazioni stradali. La pronuncia della Corte è la conseguenza del rinvio pregiudiziale del Tribunale regionale superiore di Norimberga al quale si era rivolto un cittadino tedesco condannato, in precedenza, dalle autorità del proprio Paese per gravi infrazioni stradali. Poiché la patente gli era stata già ritirata in passato, le autorità tedesche avevano emesso un divieto di rilascio della patente per un determinato periodo. L’uomo, però, aveva ottenuto il documento di guida in Polonia, prima che la sentenza nazionale fosse passata in giudicato. Per il destinatario del provvedimento non vi era stata alcuna violazione perché non aveva ottenuto la patente polacca in violazione del divieto in quanto quest’ultimo non era ancora definitivo. Una tesi non condivisa dalla Corte Ue che ha interpretato la direttiva 2006/126 concernente la patente di guida, recepita in Italia con Dlgs n. 59/2011, modificata, solo per limitati aspetti, dalla 2015/653.

Gli Stati – osservano gli eurogiudici – sono tenuti a rifiutare, in base all’articolo 11, il rilascio della patente a un richiedente che abbia subito un provvedimento limitativo in un altro Stato membro, così come devono rifiutare il riconoscimento della validità della patente in presenza degli indicati provvedimenti restrittivi. Non solo. Le autorità nazionali possono negare ad una persona la cui patente “sia stata limitata, sospesa o ritirata nel proprio territorio” il riconoscimento della patente ottenuta in un altro Stato membro. Solo in questo modo, scrive Lussemburgo, è possibile arginare viaggi della speranza per avere un documento di guida. D’altra parte, se così non fosse, sarebbe certamente compromesso l’obiettivo della sicurezza stradale perché si aprirebbe un varco nell’esecuzione effettiva di provvedimenti adottati con questa finalità. La Corte respinge la tesi secondo la quale il provvedimento tedesco non era tra quelli previsti dall’articolo 11 perché il destinatario non era più in possesso della patente. Poco importa la qualificazione del provvedimento. Ciò che conta è che il divieto di ottenere una nuova patente sia equiparabile, in via di fatto, a un provvedimento di limitazione, sospensione o ritiro secondo la direttiva Ue. Ad aderire a una diversa interpretazione, d’altra parte, si spingerebbero gli autori di infrazioni a recarsi in un altro Paese membro per ottenere una nuova patente ovviando alle conseguenze amministrative o penali delle infrazioni e compromettendo “in definitiva, la fiducia su cui si basa il sistema di riconoscimento reciproco delle patenti di guida”. Dando il via, così, al turismo per ottenere una patente di guida valida in uno Stato membro dopo il ritiro del documento e il divieto di rilascio in un altro Paese Ue. Non ha poi rilievo che l’atto con il quale è adottato il provvedimento che ordina il divieto di rilascio sia definitivo tanto più che la patente polacca era stata ottenuta dopo la pronuncia e che i motivi alla base del provvedimento già sussistevano.

 

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