Premi e disabilità nello sport: la diversità di trattamento economico è una discriminazione.

L’esclusione di un atleta non vedente dai premi concessi ad altri vincitori di competizioni sportive internazionali e nazionali è una discriminazione vietata dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, dall’articolo 1 del Protocollo n. 12 del 4 novembre 2000. E’ inconcepibile, inoltre, che il “prestigio” di una competizione sportiva debba dipendere dal fatto che sia praticato da persone con o senza disabilità e, questo, anche per sport come calcio, pallacanestro o tennis. E’ la Corte di Strasburgo ad affermarlo con la sentenza del 25 gennaio 2022 nel caso Negovanovic e altri contro Serbia (ricorso n. 29907/16, CASE OF NEGOVANOVIĆ AND OTHERS v. SERBIA). A rivolgersi alla Corte alcuni giocatori di scacchi non vedenti che avevano vinto importanti tornei internazionali, inclusa l’Olimpiade degli scacchi e chiesto di ottenere i premi economici e un diploma honoris causa, previsti per gli atleti. A fronte del rifiuto delle autorità serbe, i ricorrenti si sono rivolti a Strasburgo che ha accolto il ricorso. E’ vero scrive – la Corte – che gli Stati sono liberi di premiare coloro che vincono importanti competizioni sportive, ma non devono discriminare i vincitori solo per il fatto che soffrono di alcune disabilità, proprio perché in quest’ambito il margine di apprezzamento è molto ridotto. I ricorrenti avevano vinto gare nelle Olimpiadi degli scacchi a squadre per non vedenti. In Serbia era stato adottato un decreto che prevedeva il riconoscimento di premi e la ricompensa per alte performance sportive, che includeva una somma mensile e un versamento unico. Mentre i giocatori senza deficit visivi erano stati proposti per ottenere i premi dal Ministero dell’educazione e dello sport, i ricorrenti erano stati esclusi da tale vantaggio. Il tribunale, in primo grado, aveva accolto le loro richieste, ma il giudizio era stato ribaltato in appello e la Corte suprema aveva confermato il no alla concessione dei premi. Anche la Corte costituzionale riteneva che non vi fosse stata alcuna discriminazione perché nel decreto non era inclusa quella specifica competizione sportiva. La Corte europea parte dalla constatazione che gli Stati hanno un limitato margine di apprezzamento nel prevedere un differente trattamento giuridico per le persone disabili. La Serbia, inoltre, non ha spiegato perché ha previsto un diverso trattamento tra atleti privi di disabilità e atleti non vedenti. Il decreto che prevedeva i premi per i vincitori di alcune gare, d’altra parte, non trattava diversamente gli atleti che avevano vinto giochi olimpici o le para-olimpiadi. Invece, per i giocatori di scacchi era previsto un differente trattamento per i non vedenti, con la conseguenza che la Serbia ha trattato differentemente individui che si trovano in una situazione analoga. La Convenzione – precisa la Corte europea – non impone certo di prevedere un riconoscimento economico per meriti sportivi ma, se uno Stato adotta una legislazione che la prevede, non può trattare in modo differente persone che si trovano in una situazione analoga. Ma c’è di più, perché la Corte riconosce che uno Stato può limitare i premi ad alcune competizioni, ma deve dimostrare perché i premi vinti dai ricorrenti con disabilità sono meno significativi a livello internazionale di medaglie simili vinte da giocatori di scacchi vedenti. Tanto più che l’International Braille Chess Association (IBCA) ha precisato che i giocatori di scacchi si trovano in un’unica lista ufficiale della Federazione internazionale di scacchi. Inoltre, per quanto riguarda il contributo degli scacchi allo “sviluppo e all’affermazione” della reputazione del Paese, la parità di trattamento tra vedenti e non vedenti sarebbe servita solo a migliorare la reputazione del Paese all’estero e a promuovere l’inclusione all’interno del Paese. Respinta anche la giustificazione fondata su questioni di budget perché sicuramente l’aggiunta dei giocatori di scacchi non vedenti non avrebbe minato la stabilità finanziaria del Paese. Così, la Corte ha ritenuto violato l’articolo 1 del Protocollo n. 12, condannato la Serbia a versare 4.500 euro per i danni non patrimoniali e, per i danni patrimoniali, a concedere le prestazioni finanziarie e/o i premi maturati e quelli futuri cui i giocatori avrebbero avuto diritto se avesse vinto un giocatore vedente.

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