Residenza abituale del minore per stabilire il giudice competente

Se il minore non ha la residenza abituale in Italia al momento della proposizione della domanda di affidamento va esclusa la giurisdizione del giudice italiano, senza che abbia rilievo il principio di prossimità. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezioni unite civili, nella sentenza n. 5418 depositata il 18 marzo (5418). A rivolgersi alla Suprema Corte, un padre che aveva impugnato la decisione della Corte di appello di Bologna con la quale era stata confermata la pronuncia del Tribunale di Bologna che aveva escluso la giurisdizione italiana. Una conclusione corretta per la Cassazione e in linea con la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e la legge applicabile in materia di protezione dei minori (ratificata dall’Italia con legge 24 ottobre 1980 n. 742), che individua come titolo di giurisdizione la residenza abituale del minore nel caso di misure di protezione dei minori e dei suoi beni. Ed invero, per la Cassazione, tenendo conto che il minore al momento della proposizione della domanda era residente in Brasile la competenza del giudice italiano va esclusa. Poco importa se per un breve periodo il minore si era trasferito in Italia perché ciò non ha inciso sul luogo di svolgimento della sua vita personale tanto più che – osserva la Cassazione – non ha rilievo il diverso principio di prossimità invocabile solo in tema di competenza interna. Per individuare poi il luogo della residenza abituale la Corte precisa che è necessario prendere in considerazione il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto poiché va considerata la situazione di fatto, i legami affettivi, non solo parentali, la durevole e stabile permanenza, la quotidiana vita di relazione, criteri dei quali, nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato l’effettiva sussistenza con riferimento al Brasile.

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