Dopo le Nazioni Unite, anche il Consiglio d’Europa interviene per chiedere ai Governi di dare spazio all’ascolto dei minori. Con il rapporto “Children as defenders of Human Rights: a Study on Council of Europe member States”, presentato il 13 marzo (children COE), il Consiglio, nel primo studio sulle sfide e le risposte nazionali riguardanti il riconoscimento, la protezione e la responsabilizzazione dei bambini come “minori difensori dei diritti umani”, ha sottolineato la necessità che i Governi consentano l’accesso a meccanismi che li proteggano dai pericoli sia online sia offline. La maggior parte dei 20 Paesi analizzati (manca l’Italia) non ha una legge specifica sui difensori dei diritti umani e anche le legislazioni nazionali sui diritti dei minori non includono la figura del “minore difensore dei diritti umani” e non coprono “tutto il ventaglio di diritti che spettano a questi minori, come il diritto di accedere alle informazioni, la libertà di associazione e la libertà di riunione”. Al contrario, scrive il Consiglio, vi sono diversi Stati che hanno leggi che limitano il diritto di partecipazione dei minori. Lo studio termina con l’indicazione di una serie di raccomandazioni per arrivare alla diffusione del concetto di difensori dei diritti umani integrato nella legislazione nazionale e arrivare a coinvolgere i minori nelle consultazioni. Inoltre, queste misure devono essere accompagnate da un’adeguata formazione rivolta ai genitori e ai tutori legali.
Lo studio fa parte degli interventi richiesti con la Dichiarazione di Reykjavik del 17 maggio 2023 per “creare un ambiente favorevole per i difensori dei diritti umani”.
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