Se la minore si trasferisce in un altro Stato acquisendo legittimamente una nuova residenza non si configura un’ipotesi di sottrazione internazionale di minori. Di conseguenza, è esclusa la competenza del giudice italiano a favore di quella dei giudici dello Stato estero in cui la minore ormai vive. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con sentenza n. 32359/18 depositata il 13 dicembre (32359).
La vicenda ha al centro la separazione di due coniugi e l’affidamento della figlia minorenne nata in Italia. La bambina era stata affidata congiuntamente ai due genitori. Con l’autorizzazione del giudice, la donna e la bambina si erano trasferite nel Principato di Monaco. La madre, in seguito, aveva chiesto al giudice monegasco che la bambina incontrasse il padre in un ambiente protetto. A fronte del via libera del giudice del Principato, però, il giudice italiano aveva disposto l’affidamento esclusivo della figlia al padre. La battaglia giudiziaria era continuata fino alla pronuncia della Corte di appello, sezione per i minorenni, che aveva ritenuto sussistente la giurisdizione italiana. Per la Corte, infatti, non poteva essere applicato l’articolo 5 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata e resa esecutiva con legge 24 ottobre 1980 n. 742 in quanto la residenza all’estero era stata ammessa solo per un periodo transitorio e, dopo la revoca, era conseguenza di un illecito della madre. Una tesi non condivisa dalla Corte di Cassazione. Per la Suprema Corte, infatti, va applicato l’articolo 5 della Convenzione dell’Aja, rivisitata da quella del 19 ottobre 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 18 giugno 2015 n. 101, che attribuisce la competenza al giudice dello Stato contraente di residenza abituale del minore, salvo nei casi di cui all’art. 7 in cui si tiene conto del mancato ritorno illecito del minore. Ed invero, nel caso in esame, la madre si era spostata con autorizzazione del tribunale italiano. La Cassazione, inoltre, considera che “l’accertamento della residenza abituale della minore implica l’esame della relativa quaestio facti, con valutazione da svolgersi anche in chiave prognostica”, con un apprezzamento che non esula dalle competenze della stessa Cassazione. Il trasferimento della minore – osservano i giudici – non poteva essere considerato illecito e la permanenza della minore all’estero era legittima, con la conseguenza che non poteva configurarsi un’ipotesi di illecito mancato ritorno. A ciò si aggiunga che la minore era del tutto integrata nel nuovo Paese e che, sentita dalle autorità competenti, aveva mostrato di essere felice di vivere all’estero con la madre. Così, per la Cassazione, si può ritenere che la residenza abituale fosse nel Principato di Monaco. Di qui l’assenza di giurisdizione del giudice italiano in base all’art. 5 della Convenzione dell’Aja del 1966.
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