Risparmiatori contro Grecia: sì all’applicazione del regolamento Ue sulle notificazioni

Si applica il regolamento Ue sulle notificazioni degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale ai procedimenti avviati in Germania da alcuni risparmiatori contro la Grecia. Le azioni giudiziarie proposte da coloro che hanno acquistato titoli di Stato non esulano, infatti, in modo manifesto dalla materia civile e commerciale e, quindi, il regolamento va applicato e gli atti giudiziari notificati tramite l’Autorità centrale alla Grecia. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza depositata l’11 giugno (cause riunite C-226/13, C-245/13, C-247/13 e C-578/13, Fahnenbrock) che ha chiarito l’ambito di applicazione del regolamento Ue n. 1393/2007 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale in relazione ad azioni che sollevano taluni dubbi a causa della loro possibile riconducibilità tra gli atti iure imperii, situazione che escluderebbe l’attuazione del regolamento.

Il rinvio pregiudiziale ha avuto il via dalle azioni di risparmiatori tedeschi che avevano acquistato titoli di Stato greci attraverso i propri istituti di credito. La Grecia, travolta dalla crisi economica,  aveva proposto di convertire le obbligazioni con altri titoli con valore nominale ridotto, richiedendo un’accettazione esplicita da parte dei creditori privati. I ricorrenti, però, non avevano accettato la proposta, ma la Grecia ha proceduto ugualmente allo scambio. I risparmiatori hanno fatto cosi ricorso a un tribunale tedesco ma l’azione giudiziaria ha incontrato un ostacolo nell’Ufficio federale della giustizia tedesca, autorità centrale in base al regolamento Ue, che non ha proceduto alla notifica dei ricorsi. Questo perché, ad avviso dell’autorità tedesca, le azioni non rientravano nella materia civile e commerciale poiché avevano al centro attività sovrane del Paese ellenico come tali escluse dal regolamento.

Chiarita la propria competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione del regolamento in materia di notificazioni anche se il giudice nazionale ha sollevato la questione per gli atti intrapresi dall’Autorità centrale tedesca, la Corte di giustizia è passata ad analizzare se le azioni giurisdizionali di indennizzo per violazione dei diritti di proprietà e di possesso, di adempimento contrattuale e di risarcimento danni contro la Grecia, Stato emittente dei titoli, potessero rientrare nella materia civile e commerciale. Secondo la Corte, la nozione di materia civile e commerciale, essendo autonoma senza che ci si possa riferire agli ordinamenti interni per la sua qualificazione, va individuata in base al diritto dell’Unione e ai principi generali desumibili da tutti gli ordinamenti giuridici nazionali, interpretandola  “facendo riferimento, segnatamente, agli obiettivi e all’impianto sistematico del regolamento”, che mira ad accelerare la trasmissione degli atti giudiziari ed extragiudiziali. Questo fa sì che la possibilità di escludere l’applicazione del regolamento è circoscritta a casi eccezionali (ad esempio per le questioni in cui è in gioco l’esercizio di pubblici poteri dello Stato). Inoltre, ai fini dell’applicazione del regolamento, il giudice nazionale deve “limitarsi ad un primo esame degli elementi necessariamente parziali di cui esso dispone” ed escludere l’applicazione del regolamento solo se l’azione avviata esula manifestamente dalla materia civile e commerciale. Pertanto,  la Corte propende per l’applicazione dell’atto Ue. E’ vero, infatti, che l’Autorità centrale riteneva che fossero in gioco atti iure imperii dello Stato greco con la conseguente impossibilità di applicazione del regolamento ma, secondo la Corte Ue, l’emissione di obbligazioni non presuppone l’esercizio di poteri pubblici, “esorbitanti rispetto alle norme vigenti nei rapporti tra privati”. Non solo. Dagli atti trasmessi a Lussemburgo, non risulta che le condizioni finanziarie dei titoli siano state fissate in maniera unilaterale dalla Grecia “e non sulla base delle condizioni di mercato che disciplinano lo scambio e il rendimento di tali strumenti finanziari”. Di qui la conclusione che non si tratta di esercizio di poteri sovrani, tanto più che la clausola di scambio delle obbligazioni dipendeva dal consenso dei risparmiatori, elemento che può essere letto come volontà dello Stato greco di “mantenere la gestione dei prestiti in un quadro regolamentare di natura civile”. Detto questo, però, la Corte Ue precisa che quest’accertamento non pregiudica le decisioni successive del giudice nazionale sulla competenza o sul merito della causa proprio con riferimento alla qualificazione dell’attività di emissioni di obbligazioni da parte della Grecia come atto iure imperii o iure privatorum.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *