Ritardi nell’esecuzione delle sentenze in materia familiare: certa la violazione della Convenzione europea

Le autorità nazionali che non adottano misure adeguate ed effettive per assicurare l’esecuzione di una sentenza che dispone l’affidamento di un minore alla madre commettono una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. E’ il principio stabilito dalla Corte di Strasburgo nella sentenza del 16 ottobre relativa al caso Vorozhba (ricorso n. 57960/11, AFFAIRE VOROZHBA c. RUSSIE) che è costata una condanna alla Russia. E’ stata la madre di un bambino al quale i tribunali nazionali avevano affidato il figlio, sottratto dal padre, a rivolgersi alla Corte a causa dell’inerzia delle autorità nazionali russe nella fase di esecuzione della sentenza. A fronte di un verdetto favorevole alla madre, le misure adottate dagli organi competenti erano state del tutto inefficaci, con la conseguenza che, per molto tempo, il padre, non rispettando la sentenza, l’aveva avuta vinta continuando a vivere con il figlio. Un’evidente violazione della Convenzione che – osserva Strasburgo – impone alle autorità nazionali, di fronte al rifiuto persistente di un genitore nell’eseguire una sentenza, di adottare misure coercitive effettive e concrete per spingere il genitore a eseguire la sentenza. Questo vuol dire che gli Stati sono tenuti ad adottare strumenti giuridici adeguati e sufficienti al fine di garantire il rispetto degli obblighi positivi che incombono in base all’articolo 8 della Convenzione. Lasciare ineseguita una sentenza in materia di rapporti familiari comporta, in base alla pronuncia di Strasburgo, una pressoché automatica violazione della Convenzione. Senza dimenticare che viene leso l’interesse superiore del minore. Ma c’è di più. Tra i parametri da prendere in considerazione, la Corte individua il fattore tempo. Questo vuol dire che il carattere adeguato di una misura deve essere giudicato tenendo conto della sua rapidità nell’esecuzione. Anche perché il trascorrere del tempo ha conseguenze irrimediabili sulla vita e sui rapporti familiari del minore e dell’altro genitore. La Corte, accertata la violazione, ha anche riconosciuto un indennizzo di 10mila euro per i danni non patrimoniali subiti dalla madre.

 

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