Se ci sono dubbi sulla genuinità delle dichiarazioni dei minori rese fuori dal processo giusto escluderne l’acquisizione nei casi di sottrazione

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, con sentenza depositata il 4 luglio (n. 11156/12, 11156) è intervenuta in un caso di sottrazione internazionale dei minori che ha visto contrapposti due genitori – madre italiana, padre tedesco – chiarendo le modalità di acquisizione delle testimonianze di minori rese attraverso filmati o atti scritti. Questi i fatti. Dopo una lunga convivenza, i genitori di due bambini si erano separati. Era iniziata una lunga controversia tra il padre tedesco che voleva la residenza in Germania e la madre italiana in Italia. Il Tribunale di Monaco aveva deciso che spettava al padre fissare la residenza. La madre aveva sottratto i minori ed era rientrata in Italia. Anche i giudici italiani, però, le avevano dato torto. Di qui il ricorso in cassazione che ha condiviso le ragioni dei giudici di merito. Ad avviso della Suprema Corte, nel caso in esame, si è verificato senza dubbio un trasferimento contrario al dirito di affidamento del padre. La Cassazione ha poi  respinto tutti i motivi di ricorso della madre, secondo la quale i giudici italiani avevano sbagliato nel non consentire le testimonianze dei figli seppure attraverso filmati. La scelta dei giudici era in realtà motivata dal fatto che la madre aveva frapposto molti ostacoli con la conseguenza che l’audizione diretta era stata impedita e i giudici si sarebbero dovuti basare su dichiarazioni scritte e filmati. Il Tribunale aveva avuto dubbi sulla genuinità delle dichiarazioni e aveva ritenuto di non acquisirle anche in base all’articolo 12 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo. Tale norma impone agli Stati di garantire al minore il diritto di esprimere la propria opinione su ogni questione che lo interessa, ma richiede che ciò avvenga in presenza di garanzie sulle modalità di acquisizione.

Respinta poi la richiesta della donna di effettare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue: per la Cassazione, infatti, non sussiste alcun problema interpretativo legato all’articolo 2 n. 11 lett. b del regolamento n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, con particolare riguardo alla nozione di residenza abituale.

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