Se il trasferimento della sede a Londra è fittizio, la giurisdizione per l’insolvenza resta ai giudici italiani

Se il trasferimento della sede legale è fittizio non è possibile applicare la presunzione in base alla quale il centro degli interessi principali della società coincide con la sede legale. Di conseguenza, sussiste la giurisdizione italiana in materia di insolvenza se un’azienda dispone il trasferimento della sede all’estero “quando il suo stato di insolvenza era del tutto palese”. La Corte di Cassazione ha confermato, con la sentenza della prima sezione civile n. 7470/17 (7470), l’operato dei giudici di primo e secondo grado, dichiarando la competenza dei giudici italiani. E’ stato così respinto il ricorso di un’azienda che aveva impugnato la pronuncia della Corte di appello con la quale era stata segnalata la natura fittizia del trasferimento della sede e la competenza dei tribunali nazionali. La Cassazione, nel raggiungere l’indicata conclusione, ha tenuto conto del considerando n. 13 del regolamento n. 1346/2000 (sostituito dal regolamento 2015/848, in vigore dal 26 giugno 2017) che richiede di individuare il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile da terzi e di alcune circostanze ossia l’irreperibilità della società presso la sede sociale al momento della notifica del ricorso, il fatto che il legale rappresentante avesse mantenuto la residenza in Italia, l’individuazione di beni ed attività riferibili alla società in Italia. E’ vero che l’articolo 3 del regolamento attribuisce la giurisdizione, in via presuntiva, al giudice del luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali e che questo, fino a prova contraria, per le persone giuridiche, è il luogo della sede statutaria, ma la Corte Ue ha precisato che la presunzione di cui all’articolo 3 deve essere superata se “il centro degli interessi principali non ha seguito il cambiamento di sede statutaria”. Per la Cassazione, la Corte territoriale ha svolto l’accertamento circa la giurisdizione italiana “in modo del tutto coerente” con i principi fissati dalla Corte Ue e non ha trascurato alcun indicatore. Giusto, quindi, il riconocimento della giurisdizione italiana.

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