Via libera alla scelta di un arbitrato estero per decidere una controversia relativa a un contratto di buying agency agreement tra due società, una italiana e una statunitense. La Corte di cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza n. 27072/16 depositata il 28 dicembre (arbitrato estero) ha stabilito che le parti possono inserire in un simile contratto una clausola compromissoria di scelta del giudice perché si tratta di contratti atipici e non di agenzia, con la conseguenza che i diritti oggetto del contratto sono disponibili e le parti possono derogare alla giurisdizione italiana e attribuire la soluzione della controversia a un giudice o a un arbitrato estero. Al centro della vicenda, una controversia tra una società a responsabilità limitata italiana e un colosso della moda targato Usa, che avevano stipulato un buying agency agreement. L’azienda italiana aveva citato in giudizio dinanzi ai giudici nazionali la società americana che aveva effettuato il recesso dal contratto. Il Tribunale di Firenze, però, aveva dichiarato la propria incompetenza, ritenendo valida la clausola compromissoria che individuava, come giudice competente, un collegio arbitrale dello Stato di New York, sottraendo, così, la giurisdizione al giudice italiano. Dello stesso avviso la Cassazione secondo la quale il contratto al centro del ricorso non può essere assimilato a quello di agenzia disciplinato dall’articolo 1742 c.c. Nell’effettuare tale qualificazione la Cassazione ha precisato che si tratta di un contratto atipico, in cui sono presenti elementi del contratto d’opera, di mandato e di appalto, dando così ragione al Tribunale di Firenze secondo il quale i compiti di informazione, visita, ricerca di mercato, assistenza, acquisto, monitoraggio supervisione, spedizione, reclamo e documentazione, presenti nel buying agency agreement, sono “qualcosa di sommamente diverso rispetto all’incarico di promuovere la conclusione di contratti” tipico di quello di agenzia. A ciò si aggiunga che la remunerazione delle prestazioni non era su provvigione perché era previsto un compenso fisso annuale elevato. Una serie di elementi che portano a concludere che i contraenti intendessero “far confluire, promiscuamente e atipicamente, nel rapporto commerciale elementi del mandato, dell’appalto e del contratto d’opera”. Respinta la qualificazione del rapporto tra le due società come contratto di agenzia, è corretta – precisa la Cassazione – la non applicazione delle norme inderogabili del codice civile previste per quel tipo di contratto. Questo porta anche all’inapplicabilità dei limiti posti dall’articolo 4 della legge n. 218/1995 sulla disciplina di diritto internazionale privato che esclude la scelta del giudice in caso di diritti indisponibili. Ben possibile, quindi, nel buying agency agreement, la deroga alla giurisdizione italiana con attribuzione di competenza al giudice statunitense e la non attuazione della disciplina fissata dall’articolo 1751 c.c. e dalla direttiva 86/653/Cee. Non configurandosi un contratto di agenzia, infatti, le parti possono scegliere la legge da applicare senza che, tra l’altro, scatti il limite fissato dall’articolo 7 della Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali (sostituita dal regolamento n. 593/2008) che impone l’applicazione delle norme imperative in vigore nel Paese del giudice.
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