Sottrazione dei minori: il ritorno non può essere rifiutato se nel Paese di residenza sono previste adeguate misure a tutela del minore

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, torna sulle questioni legate alla sottrazione internazionale di minori e, con l’ordinanza n. 3071 depositata il 2 febbraio 2024 (3071), ha stabilito l’obbligo di interpretare l’articolo 13 della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980 (ratificata dall’Italia con legge 15 gennaio 1994 n. 64) che prevede il rifiuto del ritorno del minore nel caso di rischi per quest’ultimo alla luce dell’articolo 27 del regolamento n. 2019/1111 del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale e alla sottrazione internazionale di minori.

Questi i fatti. Il Tribunale di Palermo aveva disposto il rientro in Svezia di due minori trattenuti in Sicilia dalla madre che, in via unilaterale, aveva deciso di non tornare in Svezia, luogo in cui era fissata la residenza dei minori e dei genitori che esercitavano congiuntamente la responsabilità genitoriale. Ad avviso del Tribunale la scelta di non rientrare non era dovuta a rischi per il minore ma alla difficile relazione tra i genitori. La madre ha impugnato il provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione che, però, ha respinto il ricorso. Al di là delle questioni legate a una presunta incertezza della natura del provvedimento che la Corte ha ritenuto infondate, la Suprema Corte è passata a considerare la possibile violazione di alcune norme della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011, in vigore dal 1° agosto 2014, e ratificata dall’Italia con legge n. 77 del 27 giugno 2013, nonché degli articoli 2 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dell’articolo 12 della Convenzione di New York e dell’articolo 13 della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori. Per la madre dei bambini, il giudice di merito avrebbe dovuto considerare l’interesse superiore del minore tenendo conto delle dinamiche familiari in Svezia e delle condotte aggressive da parte del marito rivolte alla ricorrente. Ad avviso della donna, la decisione di rimanere in Italia aveva il fondamento nella necessità di proteggere e tutelare i figli da un contesto di violenza e di maltrattamenti quotidiani. Tali motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili dalla Cassazione tenendo conto del fatto che il Tribunale di Palermo aveva valutato l’articolo 13 e l’interesse del minore al trasferimento, considerando l’eventuale esistenza di rischi. In particolare, i giudici hanno applicato l’articolo 27, comma 3 del regolamento n. 2019/1111 in base al quale l’autorità giurisdizionale “che consideri l’eventualità di rifiutare di disporre il ritorno di un minore unicamente in base all’articolo 13, primo comma della Convenzione dell’Aja del 1980 non può rifiutarsi di disporre il ritorno del minore se la parte che ne richiede il ritorno la convince fornendo prove sufficienti o se l’autorità giurisdizionale stessa è altrimenti convinta che sono state previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno”. I giudici di merito – prosegue la Cassazione – hanno tenuto conto del regolamento Ue e, pur in presenza di una relazione tra genitori che creava un contesto non funzionale al completo benessere per i figli, ha ritenuto che “l’alto livello di attenzione esistente in Svezia per le tematiche inerenti ai minori” e il ruolo dei servizi sociali della cittadina svedese in cui la famiglia viveva “costituissero un fattore di protezione che permetteva il rientro dei bambini nel paese di provenienza”. Di conseguenza, in ragione della lettura integrata tra articolo 13 della Convenzione dell’Aja e articolo 27 del regolamento Ue n. 2019/1111, la Cassazione ha respinto il ricorso.

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