Inserimento sociale e durata del soggiorno in Italia: nessun freno all’espulsione

L’espulsione dello straniero, come misura alternativa alla detenzione amministrativa, finalizzata alla riduzione del sovraffollamento carcerario “non è soggetta alle regole in tema di successione di leggi nel tempo” che limitano l’applicabilità della legge peggiorativa ai fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 200 depositata il 3 gennaio 2024 (200:2024) con la quale è stato respinto il ricorso di un cittadino del Bangladesh che aveva impugnato l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma con la quale era stata confermata l’espulsione decisa dal magistrato di sorveglianza di Viterbo. L’uomo sosteneva di essere titolare di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo ai sensi dell’articolo 16, comma 9 del decreto legislativo n. 286/1998 che, a suo dire, non gli era stato mai revocato anche se non era stato rinnovato in quanto si trovava in detenzione. La Corte di Cassazione, chiarita l’irrilevanza di un mero refuso nell’indicazione del nome del ricorrente e precisato che il giudice nazionale è sempre tenuto a verificare l’eventuale sussistenza di un pericolo nel caso di espulsione, ha rilevato che il permesso di soggiorno era in realtà scaduto e non era stato rinnovato. Inoltre, nel caso in cui l’uomo avesse presentato la domanda di rinnovo l’istanza sarebbe stata respinta. Irrilevante, poi, ai fini dell’espulsione il comportamento corretto durante la detenzione e l’aver ottenuto permessi premio. La Corte ricorda che l’articolo 19 del Dlgs 286/1998 che indica i casi in cui non si può procedere all’espulsione è stato modificato in diverse occasioni: ad esempio, prima era incluso il divieto di espulsione nel caso in cui vi fosse il rischio di una violazione del rispetto della propria vita personale e familiare “tenuto conto anche dell’inserimento sociale e della durata del soggiorno in Italia”. Questa regola è stata cancellata con il d.l. n. 20/2023 e con la legge di conversione n. 50/2023, in vigore dal 6 maggio 2023. Per la Cassazione, quindi, mancano divieti di espulsione che si attagliano alla situazione in esame. Confermato, quindi, il sì all’espulsione.

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