Sottrazione dei minori: residenza in base all’interesse superiore del minore

Non è un’imposizione o una limitazione della libertà di stabilimento l’obbligo per il coniuge affidatario di risiedere in un luogo che consenta al padre di vedere il figlio. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 33983/15 depositata il 3 agosto, chiamata ad occuparsi di un caso di sottrazione internazionale di minore (33983). Alla Suprema Corte si era rivolta una donna alla quale, accertato che il reato di sottrazione internazionale dei minori era prescritto, era stato imposto di non allontanarsi dall’Italia, in violazione, secondo la donna, della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 1980 che consente al coniuge affidatario di decidere liberamente la propria residenza. Una posizione respinta dalla Cassazione che, preso atto della prescrizione, ha tenuto a chiarire che il coniuge non può allontanarsi all’insaputa dell’altro genitore, impedendo così contatti tra padre e figlio. Non si tratta, in  questi casi, di un’imposizione coatta che limita diritti, ma di un provvedimento idoneo a tutelare i diritti dei componenti della famiglia e consentire il diritto di visita. “Lungi dal creare un’imposizione coatta di una residenza alla madre – scrive la Cassazione – nel caso concreto si versa nella ben diversa prospettiva dell’utile perseguimento dell’interesse dei minori”, che deve prevalere su tutto.

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