Il trascorrere del tempo senza che vengano eseguiti i provvedimenti relativi al minore produce conseguenze irrimediabili sui rapporti familiari e costituisce una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Gli Stati, quindi, devono garantire l’effettività del diritto adottando misure positive per evitare conseguenze irreparabili sui rapporti familiari. E’ il principio affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Prizzia contro Hungheria dell’11 giugno 2013 (ricorso n. 20255/12, CASE OF PRIZZIA v. HUNGARY). Questi i fatti. Un cittadino statunitense e una donna ungherese, dopo la nascita del figlio, avevano deciso di separarsi. La donna era rientrata in Ungheria lasciando la residenza negli Stati Uniti. Il padre del bambino si era rivolto ai giudici ungheresi chiedendo il ritorno del minore e denunciando un caso di sottrazione internazionale. La Corte suprema ungherese aveva dichiarato illegittimo il comportamento della donna ma non aveva disposto il ritorno del bimbo negli Stati Uniti, malgrado quanto previsto dalla Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980. Intanto, il procedimento di divorzio si era chiuso con l’affidamento del minore alla madre ma con diritto di visita al padre: il figlio, tra l’altro, doveva recarsi per le vacanze estive negli Stati Uniti. Di fatto, la donna non aveva mai concesso al figlio di rientrare negli Stati Uniti con la conseguenza che il padre non aveva una relazione genitoriale effettiva con il proprio figlio. Le autorità ungheresi poco avevano fatto per eseguire la decisione. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha dato ragione al padre. Gli Stati, infatti, hanno un margine di discrezionalità ma in base all’articolo 8 hanno un obbligo positivo e devono, quindi, adottare tutte le misure necessarie idonee a mantenere saldi i legami familiari. La non esecuzione dei provvedimenti in materia, senza contatti tra genitori e figli, produce conseguenze irreparabili e una violazione della Convenzione. Poco importa, poi, che il diritto interno non consenta di adottare sanzioni perché gli Stati sono obbligati a disporre un arsenale giuridico adeguato per assicurare il rispetto degli obblighi imposti dall’articolo 8. Che, conclude la Corte, è stato violato dall’Ungheria, tenuta a corrispondere 12.500 euro al padre per i danni non patrimoniali subiti e 10.000 euro per le spese processuali.
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franco carafa
agosto 2, 2013…e secondo voi, quanto interessa questo all’Ungheria e agli ungheresi? Pensate che con 22.500€, il governo va in crisi? ma per favore…lasciamo perdere! Queste sono leggi del Kaposzta fatte per mettere in pace la propria coscienza e prendere in giro la gente che crede di essere tutelata sino a che non cade nella trappola da cui non ne esce più !!