Sottrazione internazionale esclusa se la residenza abituale è in Italia

L’accertamento della residenza abituale del minore è essenziale per verificare se si è verificato un caso di sottrazione internazionale di minori. Lo ha precisato la Corte di cassazione, I sezione civile, nella sentenza n. 16648/14 (sottrazione) con la quale la Corte ha chiarito che “il parametro della residenza abituale posto a salvaguardia della continuità affettivo-relazionale del minore, non è in contrasto ma al contrario valorizza la preminenza dell’interesse del minore”. Il caso arrivato alla Suprema Corte ha preso il via dal ricorso di una donna che chiedeva il rientro in Brasile del figlio minore, il quale viveva in Italia con il padre. Il Tribunale per i minorenni di Firenze, al quale la donna si era rivolta per il trasferimento del figlio (l’altro era già con lei in Brasile) sostenendo che il marito l’aveva sottratto, aveva respinto la richiesta stabilendo che non vi era stato alcun caso di sottrazione ai sensi della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980 (atto, come è noto, ratificato dall’Italia con legge 15 gennaio 1994 n. 64), proprio perché la residenza del minore era in Italia. Marito e moglie erano su posizioni contrapposte: il primo sosteneva che la residenza abituale era in Italia. E’ vero – riconosceva il marito – che vi erano stati viaggi in Brasile, anche per sondare la possibilità di un trasferimento, ma la scelta era stata poi quella di rimanere in Italia, luogo della residenza che abbracciava l’intera vita del minore. La donna rimasta in Brasile con un altro figlio, invece, riteneva che vi era un accordo per vivere in Brasile e chiedeva il rientro dell’altro figlio. Il Tribunale per i minorenni, respingendo l’istanza della donna, ha anche confermato che il rientro in Italia non era uno sradicamento ma una ripresa della vita familiare. Una tesi condivisa dalla Cassazione che ha tenuto ad accertare l’effettiva residenza abituale, secondo i criteri imposti dalla Convenzione dell’Aja. Proprio l’Italia -osserva la Suprema Corte – era il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale del minore, senza che possa aver rilievo l’ultimo trasferimento. Le caratteristiche temporali e di radicamento in Brasile, sia quantitativamente che qualitativamente, erano molto inferiori rispetto alla situazione fattuale anteriore. Ora, tenendo conto dell’analisi accurata svolta dal Tribunale sull’effettivo centro dei legami affettivi del minore, la Cassazione ha respinto il ricorso della donna escludendo che vi fosse una sottrazione internazionale del minore. A ciò si aggiunga – prosegue la Cassazione – che eventuali deroghe al ripristino della situazione “ex qua ante” sono consentite dall’articolo 13 della Convenzione in casi eccezionali, se vi sia il fondato rischio di compromettere l’interesse superiore del minore o quest’ultimo si opponga. Né il Tribunale ha trascurato il parametro della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Di qui l’esclusione di un’ipotesi di sottrazione internazionale e la giusta conclusione del Tribunale nel rigettare la domanda della donna, il cui ricorso è stato respinto anche in Cassazione.

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