Residenza abituale e sottrazione internazionale di minori: la Cassazione chiarisce i parametri per la qualificazione

Se i rapporti con il Paese di residenza abituale (nel caso di specie l’Irlanda del Nord) in cui vivevano i minori, prima del trattenimento in Italia deciso dalla madre, sono cessati in vista di un futuro cambiamento di residenza dell’intera famiglia, l’originaria residenza abituale non è più tale e, in un caso di sottrazione internazionale di minori, non può essere utilizzata nell’applicazione della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980 (ratificata dall’Italia con legge 15 gennaio 1994 n. 64) perché già prima della presunta sottrazione si era verificato un distacco con il Paese. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza n. 31470 depositata il 13 novembre (sottrazione internazionale), con la quale la Suprema Corte ha chiarito i presupposti della tutela in un caso di sottrazione internazionale. Il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle D’Aosta aveva respinto la richiesta di rientro in Irlanda del Nord presentata dal padre di due bambini. La coppia di genitori era costituita dalla madre, cittadina italiana, e dal padre, cittadino italiano e tedesco, residenti nel Regno Unito. I coniugi avevano deciso di spostarsi in Spagna e avevano già dato disdetta dell’abitazione e iniziato il trasferimento di mobili e suppellettili. La donna era rientrata in Italia con i minori e anche il padre aveva abbandonato l’Irlanda del Nord tornando in Italia, seppure in un luogo diverso in ragione della già avvenuta separazione dalla moglie. Tuttavia l’uomo aveva accusato l’ex moglie di sottrazione di minori chiedendo il rientro nel Regno Unito dei bimbi. Il Tribunale del Piemonte aveva respinto la richiesta e, di qui, il ricorso in Cassazione. L’uomo sosteneva che non era stata applicata correttamente la Convenzione dell’Aja del 1980 con particolare riguardo alla nozione di residenza abituale perché il giudice nazionale aveva considerato, per accertare detta residenza, le circostanze successive all’evento di allontanamento dei figli da parte della madre. Una tesi respinta dalla Suprema Corte che ha precisato che, nel caso di specie, era applicabile la Convenzione dell’Aja integrata dal regolamento n. 2201/2003 sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e sulla responsabilità genitoriale (Bruxelles II bis, sostituito dal n. 2019/1111, applicabile alle azioni proposte dopo il 1° agosto 2022 e, quindi, non nel caso in esame), tenendo conto che l’azione del padre era stata avviata prima della fine del periodo di transizione a seguito della Brexit. Per quanto riguarda l’individuazione del concetto di residenza abituale, la Cassazione ha precisato che va considerata la durevole e stabile permanenza in un Paese dove vi è anche il “baricentro dei legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della quotidiana vita di relazione”. Non hanno importanza, invece, “le presunte radici culturali, la profondità e significatività del legame affettivo con l’adulto autore della sottrazione o l’avvenuto inserimento scolastico nella città di residenza di quest’ultimo”. La Suprema Corte, nel delineare il concetto in esame, ha ricordato la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ed è arrivata alla conclusione che il Tribunale per il minorenni aveva correttamente ritenuto che il legame con il territorio irlandese era stato perso definitivamente quando i genitori avevano deciso di trasferirsi in Spagna, anche se tale spostamento non era mai avvenuto. Pertanto, per la Cassazione non si poteva neanche configurare un caso di sottrazione internazionale e, quindi, non poteva essere disposto il rientro in favore del padre.

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