Tassazione e associazioni di culto: la CEDU condanna la Francia

Con tre sentenze di contenuto analogo, la Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta a tracciare il confine tra libertà di religione e diritto di uno Stato a determinare l’imposizione di un regime di tassazione. In particolare, con la pronuncia del 31 gennaio 2013 (Eglise evangelique missionnaire e Salaun contro Francia, n. 25502/07, AFFAIRE EGLISE EVANGELIQUE MISSIONNAIRE ET SALAUN c-1. FRANCE), Strasburgo ha dato ragione alla ricorrente, un’associazione di culto francese, la quale sosteneva che era stata lesa la libertà di religione a causa dell’imposizione fiscale sulle donazioni dei fedeli (in senso analogo si veda la sentenza Testimoni di Geova contro Francia, ricorso n. 8916/05, 30 giugno 2011). Questi i fatti. La ricorrente era stata classificata come associato di culto fino al 1996, ma successivamente era stata catalogata tra le sette, perdendo diversi benefici fiscali. Di qui una serie di ricorsi fino ad arrivare a Strasburgo che ha dato ragione alla ricorrente ritenendo violato l’articolo 9 della Convenzione che garantisce il diritto alla libertà di religione. Per la Corte gli introiti derivanti da elargizioni dei fedeli costituivano un elemento fondamentale per l’esercizio dell’attività dell’associazione che era stata costretta a vendere talune proprietà per pagare le tasse una volta che le autorità francesi avevano deciso la tassazione su queste entrate. Di conseguenza, per la Corte, le misure fiscali avevano inciso sulle risorse della ricorrente frenando l’esercizio dell’attività religiosa. Di qui la violazione dell’articolo 9 che ha condotto la Corte a condannare la Francia a versare ben 387.722 euro per i danni patrimoniali ossia l’intera somma versata dalla ricorrente per la tassazione imposta come setta.

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