Casi di tortura in carcere non punibili perché non attuata la Convenzione Onu contro la tortura

L’inerzia del legislatore consente a chi commette atti di tortura in Italia di farla franca. Una grave lacuna che non accenna ad essere colmata e che impedisce la punizione degli autori di questo crimine. E’ quanto si desume dalla pronuncia della Corte di cassazione, sesta sezione penale n. 890 del 27 luglio 2012 (Cassazione) con la quale la Suprema Corte ha condiviso la soluzione raggiunta dai giudici di merito su un caso di alcuni agenti di polizia penitenziaria accusati di maltrattamenti nei confronti di alcuni detenuti. I giudici di merito non avevano potuto procedere per tortura perché l’Italia, infatti, dopo la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984 con legge del 3 novembre 1988 n 498 non ha introdotto la fattispecie del reato di tortura nell’ordinamento interno con la conseguenza che nessuno può essere punito per questi comportamenti e che i giudici nazionali devono ripiegare su fattispecie meno gravi come i maltrattamenti.

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