Sì al ricongiungimento familiare nei casi di kafalah

Le autorità nazionali sono tenute a consentire il ricongiungimento familiare di un minore, cittadino marocchino, affidato a un cittadino italiano con provvedimento di kafalah pronunciata da un giudice straniero. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sezioni unite civili che, con sentenza n.21108 depositata il 16 settembre mette fine ai contrasti giurisprudenziali sugli effetti della kafalah ai fini del ricongiumento (kafala). E lo fa con una sentenza il cui filo conduttore è l’interesse superiore del minore assicurato dal diritto internazionale e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che qui ha trovato applicazione anche perché si poneva una questione relativa alla direttiva 2004/38 sul diritto di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, recepita in Italia con il Dlgs 6 febbraio 2007 n. 30, modificato dal Dlgs 32/2008 (che ha abrogato il Testo unico sulle disposizioni in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri, contenuto nel Dpr 52/2002), poi modificato dal Dlgs 28 febbraio 2008 n. 32.

Questi i fatti. Il consolato italiano di Casablanca aveva rigettato il rilascio di un visto di ingresso per ricongiungimento familiare richiesto da due coniugi, cittadini italiani residenti in Marocco, per un minore affidato alla coppia con kafalah emessa dal Tribunale di Tangeri. Il Tribunale di Tivoli aveva accolto il ricorso della coppia, ma la Corte di appello di Roma, su ricorso del Ministero degli esteri e del consolato d’Italia in Marocco aveva riformato il provvedimento di primo grado. Per i giudici di appello, infatti, il minore non poteva essere considerato familiare ai sensi della direttiva 2004/38. La vicenda è così arrivata in Cassazione. Per le Sezioni Unite, non si può escludere in via assoluta  che un cittadino italiano possa ricongiungersi con un minore extracomunitario affidato con provvedimento di kafalah. Una simile preclusione assoluta sarebbe contraria al principio di eguaglianza e determinerebbe una disparità di trattamento “nei confronti di minori bisognosi di protezione cittadini di paesi islamici”. Non solo. Per la Cassazione si correrebbe anche il rischio di una discriminazione a rovescio perché i cittadini stranieri potrebbero ricongiungersi con i minori affidati con kafalah ma non così i cittadini italiani. Inoltre, il giudice nazionale deve procedere a una lettura delle norme interne costituzionalmente orientata tenendo della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 in base alla quale ogni decisione interna deve essere adottata nell’interesse superiore del minore e dell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che afferma analogo principio.

 

Si veda, tra gli altri, il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/sui-rapporti-tra-kafalah-e-ricongiungimento-familiare-la-parola-alle-sezioni-unite.html

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *