Stretta sul ricongiungimento familiare

Con la sentenza depositata il 21 aprile (causa C-558/14, Khachab, C-558:14) la Corte di giustizia dell’Unione europea spiana la strada a restrizioni nel ricongiungimento familiare. Per la Corte, infatti, le autorità nazionali possono dire no al ricongiungimento familiare di un cittadino extra Ue se ritengono che, nell’anno successivo alla richiesta, il soggiornante non avrà risorse stabili, regolari e sufficienti per assicurare il mantenimento dei congiunti. E’ vero – osservano gli eurogiudici – che la direttiva Ue 2003/86 sul diritto al ricongiungimento familiare (recepita in Italia con Dlgs n. 5/2007), non prevede espressamente la possibilità di far riferimento a una valutazione in prospettiva circa le risorse del richiedente ma questa previsione è compatibile con la direttiva.

Il rinvio pregiudiziale è stato presentato dalla Corte superiore di giustizia dei Paesi Baschi alla quale era arrivato il reclamo di un titolare di permesso di soggiorno di lunga durata in Spagna, che aveva presentato la domanda di ricongiungimento familiare a vantaggio della moglie. La sua domanda era stata respinta perché non aveva dimostrato che avrebbe avuto risorse sufficienti, nell’anno successivo, per mantenere la propria famiglia. La Corte Ue chiarisce che la direttiva punta a garantire, come regola generale, il ricongiungimento familiare che può, però, essere escluso se il richiedente non ha risorse stabili, regolari e sufficienti per supportare i propri familiari, se non ha un alloggio o un’assicurazione malattia. La direttiva limita la sussistenza delle risorse al momento in cui è presentata la domanda, ma è possibile condizionare il ricongiungimento a una valutazione in prospettiva, con riferimento a un arco temporale ragionevole e proporzionato. Ed invero, questa interpretazione è compatibile con il fatto che la direttiva prevede il ricongiungimento unicamente a vantaggio di coloro che hanno un permesso di soggiorno di almeno un anno e “la fondata prospettiva di ottenere il permesso di soggiorno permanente”. Proprio questa previsione spinge la Corte a ritenere che sia implicitamente previsto un esame della futura evoluzione della situazione del richiedente, tanto più che la nozione di stabilità rinvia al concetto di “una certa permanenza e una certa continuità”. Inoltre, lo Stato membro ha il diritto di revocare il permesso di soggiorno se non sono più soddisfatte le condizioni previste dalla direttiva.

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