Anche i notai sono soggetti alle regole del Trattato Ue sulla libertà di stabilimento

Con le sei sentenze sull’accesso alla professione notarile depositate il 24 maggio 2011 (cause C-47/08, C-50/08, C-51/08, C-52/08, C-53/08, C-54/08, C-61/08, http://curia.europa.eu/jurisp/cgi-bin/form.pl?lang=it&newform=newform&Submit=Avvia+la+ricerca&alljur=alljur&jurcdj=jurcdj&jurtpi=jurtpi&jurtfp=jurtfp&alldocrec=alldocrec&docj=docj&docor=docor&docdecision=docdecision&docop=docop&docppoag=docppoag&docav=docav&docsom=docsom&docinf=docinf&alldocnorec=alldocnorec&docnoj=docnoj&docnoor=docnoor&radtypeord=on&typeord=ALL&docnodecision=docnodecision&allcommjo=allcommjo&affint=affint&affclose=affclose&numaff=C-50%2F08&ddatefs=&mdatefs=&ydatefs=&ddatefe=&mdatefe=&ydatefe=&nomusuel=&domaine=&mots=&resmax=100), la Corte di giustizia ha da un lato ribadito un principio scontato ossia che è contraria al diritto Ue una regola interna che riservi l’accesso alla professione notarile unicamente ai propri cittadini e, dall’altro lato, con una conclusione destinata ad avere effetti su larga scala, ha spazzato via un principio consolidato sul piano interno affermando che i notai non partecipano all’esercizio dei pubblici poteri secondo quanto previsto dal Trattato Ue.

E’ stata la Commissione europea ad accendere i riflettori della Corte di giustizia sui notai: per Bruxelles, le norme previste dall’ordinamento francese, belga, austriaco, lussemburghese, tedesco, greco e portoghese che riservano l’accesso alla professione unicamente ai propri cittadini sono contrarie al Trattato Ue e, in particolare al divieto di ogni discriminazione in base alla nazionalità. Gli Stati in causa sono andati dritti per la propria strada e sono incappati in una sonora condanna da parte dei giudici di Lussemburgo che hanno condiviso la posizione della Commissione. Se questa parte delle sentenze relativa alla clausola della nazionalità ha un effetto limitato agli Stati in causa (non coinvolge, ad esempio, l’Italia che dal 2003 ha eliminato la condizione della cittadinanza), le altre affermazioni della Corte potrebbero avere un impatto su altri Stati. Inclusa l’Italia. La Corte, infatti, ha bocciato la tesi degli Stati in causa (e dei sette intervenuti a loro sostegno nel procedimento), dando ragione alla Commissione e al Regno Unito che ha supportato con forza l’esecutivo. I notai – osservano gli eurogiudici – non partecipano all’esercizio dei pubblici poteri secondo quanto previsto dal Trattato Ue. Anche nell’attività di autenticazione degli atti giuridici, tenuto conto che il notaio interviene su richiesta delle parti e che non può modificare unilatelarmente la convenzione che deve autenticare, non può essere accolta la tesi secondo la quale i notai partecipano direttamente all’esercizio dei pubblici poteri. E lo smantellamento della Corte ha trascinato anche altre attività dei notai come quella di pignoramento immobiliare o l’intervento in materia di diritto successorio.

Assimilata l’attività dei notai a quella di altri professionisti con la consequenziale applicazione, tra le altre, delle norme del Trattato Ue sulla libertà di stabilimento, la Corte lascia aperto uno spiraglio ai notai prevedendo che poiché le attività notarili perseguono obiettivi di interesse generale per garantire legalità e certezza degli atti conclusi da privati e che questa è una ragione imperativa di interesse generale possono essere ammesse restrizioni all’articolo 43 del Trattato Ce (oggi articolo 49). Di conseguenza, nelle scelte relative all’accesso alle procedure di selezione, alle limitazioni per il numero e sulle competenze territoriali, nonché per il regime applicato ai notai relativo alla remunerazione, indipendenza, incompatibilità e inamovibilità gli Stati mantengono la propria libertà di scelta a patto però che eventuali «restrizioni permettano di conseguire tali obiettivi e siano a ciò necessarie» (par. 87, causa C-50/08, Francia).

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