Debito sovrano: la CEDU dà spazio agli Stati. Colpiti i risparmiatori

Lo scambio forzoso di titoli di Stato imposti dalla Grecia ai risparmiatori per evitare il fallimento e ristrutturare il debito sovrano è conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con sentenza del 21 luglio (n. 63066/14, AFFAIRE MAMATAS ET AUTRES c. GR?CE), che apre le porte a una discrezionalità ad ampio raggio per le autorità nazionali che, invocando esigenze per l’economia dello Stato, possono imporre misure con ripercussioni negative sui diritti dei risparmiatori. Con buona pace del diritto di proprietà riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Sono stati ben 6.320 cittadini greci, piccoli risparmiatori, che avevano obbligazioni statali e che erano stati costretti a scambiare i propri bond con altri strumenti di debito, a rivolgersi alla Corte europea. Alcuni risparmiatori avevano concluso un accordo collettivo con lo Stato. Queste regole erano poi state estese, su richiesta del Fondo monetario internazionale, a tutti i detentori di obbligazioni statali malgrado molti avessero rifiutato di aderire all’accordo. Per decisione delle autorità greche le obbligazioni erano state sostituite con altri strumenti di valore inferiore del 53,5% rispetto a quello nominale dei titoli statali. Alcuni risparmiatori si erano rivolti al Consiglio di Stato impugnando lo swap e poi, a fronte della bocciatura interna, hanno agito dinanzi alla Corte europea. Che, però, ha respinto tutti ricorsi, dichiarandone alcuni inammissibili e altri infondati nel merito. In nome delle esigenze di stabilità economica dello Stato e della primazia della ristrutturazione del debito sovrano. Riconosciuta l’esistenza di un’ingerenza nel diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 la Corte l’ha, però, ritenuta ammissibile perché prevista dalla legge e giustificata in ragione del perseguimento di un interesse pubblico, ossia preservare l’economia in un periodo di grave crisi. In quest’ambito – osserva la Corte – gli Stati hanno un ampio margine di apprezzamento e possono intervenire riducendo il valore delle obbligazioni. D’altra parte, come affermato anche dal Tribunale Ue e dalle istituzioni dell’Unione europea, se la Grecia non avesse adottato quel provvedimento le obbligazioni iniziali non sarebbero state ripagate. La misura è stata così considerata – con una buona dose di realpolitik – proporzionata anche perché, a dire della Corte, non ha prodotto un onere eccessivo a carico dei risparmiatori che sanno in anticipo che le obbligazioni non sono “risk-free”. “Anche ammettendo – osserva Strasburgo – che i ricorrenti non erano coinvolti in attività speculative”, i risparmiatori avrebbero dovuto avere consapevolezza dei rischi nell’acquisto di obbligazioni statali, per di più tenendo conto della lunga durata dell’investimento. La Corte, poi, prosegue a “bacchettare” i risparmiatori che dovevano essere consapevoli del rischio di una perdita di valore delle proprie obbligazioni considerando il deficit greco e il debito del Paese già prima della crisi del 2009. Di conseguenza, i risparmiatori “non hanno agito come operatori economici prudenti e consapevoli”. Esclusa, altresì, una discriminazione tra i ricorrenti e i risparmiatori che avevano dato il proprio consenso tanto più che interventi in questo settore rendono impossibile differenziare misure a seconda degli obbligazionisti. Senza dimenticare – precisa Strasburgo – che una misura differenziata avrebbe avuto per la Grecia conseguenze catastrofiche sulla sua economia e su quella di altri Stati.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *