Spetterà alla Corte di giustizia dell’Unione europea chiarire se le regole interne o la prassi italiana in base alla quale la cessazione del rapporto di lavoro blocca la possibilità di ottenere il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie per motivi imputabili al datore di lavoro, con riguardo al periodo intercorrente tra il licenziamento dichiarato illegittimo e la successiva reintegra, contrasti con le regole Ue. La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza n. 451 depositata il 10 gennaio 2019 (ordinanza interlocutoria) ha sollevato, infatti, una questione pregiudiziale a Lussemburgo per l’interpretazione dell’articolo 7 paragrafo 2 della direttiva 2003/88/CE su taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (recepita in Italia con Dlgs n.66/2003, modificato dal n. 213/2004), e l’art. 31 paragrafo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (451_01_2019). La vicenda aveva preso il via dal licenziamento della dipendente di una banca a seguito di una procedura di mobilità. Il giudice aveva ordinato la reintegrazione della ricorrente, ma la banca aveva opposto vari ostacoli adottando un nuovo provvedimento di licenziamento. Nuova dichiarazione di illegittimità del provvedimento, con annessa imposizione alla banca del pagamento delle ferie non godute con riferimento al 2004. Tuttavia, il decreto ingiuntivo era stato revocato e così la donna ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, prima di decidere, ha sollevato la questione a Lussemburgo anche tenendo conto che la stessa Corte Ue ha più volte precisato che il diritto alle ferie retribuite di almeno 4 settimane deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione (sentenza C-341/15 del 20 luglio 2016). A ciò si aggiunga che il diritto all’indennità finanziaria per le ferie non godute deve essere riconosciuto al lavoratore che non abbia potuto utilizzare le ferie annuali prima della cessazione del lavoro o in caso di decesso. Ed invero, il diritto alle ferie non può estinguersi, come chiarito da Lussemburgo, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle ferie. Così, la Suprema Corte, ha ritenuto di non seguire “la strada indicata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 269 del 2017 del preventivo incidente di costituzionalità posto che il diritto alle ferie è anche garantito dalla Costituzione all’articolo 36, terzo comma” e ha preferito optare per il dialogo diretto con la Corte di giustizia in quanto strumento “più diretto ed efficace per accertare la compatibilità del diritto interno con le disposizioni dell’Unione e i principi posti a tutela dei diritti fondamentali stante la chiara prevalenza degli aspetti concernenti il contestato rispetto del diritto dell’Unione sui profili nazionali”.
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