Giurisdizione del giudice italiano anche per i convenuti con sede in altri Stati Ue per le azioni revocatorie connesse alla procedura d’insolvenza

L’azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore è strettamente connessa alla procedura d’insolvenza. Di conseguenza va applicato il regolamento 1346/2000 (sostituito dal regolamento 2015/848, applicabile dal 26 giugno 2017) in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e affermata la giurisdizione del giudice italiano. E’ la Corte di cassazione, sezioni unite civile, a stabilirlo con l’ordinanza n. 10233/17 depositata il 26 aprile (10233). Una società aveva presentato un ricorso per regolamento di giurisdizione nei confronti di una banca maltese e di un’altra società costituita da soci che avevano costituito trust con capitale sociale di una società con sede in Portogallo. Il Tribunale di Torre Annunziata aveva dichiarato il fallimento della società e il curatore del fallimento, in base all’articolo 66 della legge fallimentare, aveva chiesto di dichiarare l’inefficacia degli atti di conferimento in trust nei confronti dei creditori. La Bank of Valletta aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Per la Cassazione, che ha anche respinto la richiesta di effettuare un rinvio pregiudiziale d’interpretazione alla Corte di giustizia dell’Unione europea “in ragione dell’evidenza dell’interpretazione anche alla luce delle precedenti, sia pur non specifiche, pronunce della Corte di giustizia”, i giudici di uno Stato membro nel cui territorio è stata avviata una procedura d’insolvenza “hanno giurisdizione anche sui convenuti aventi sede o domicilio in un altro Stato membro qualora l’azione contro di essi proposta sia qualificabile come direttamente derivante dalla procedura d’insolvenza e ad essa strettamente connessa”. Se l’azione, anche se attivabile in assenza di una procedura d’insolvenza, è fondata o tragga titolo dalla procedura d’insolvenza, essa rientra in quest’ambito. Ed invero, tenendo conto che il curatore ha agito come organo della procedura non in sostituzione dei falliti “ma contro di essi, al fine di recuperare beni asseritamente costituiti in trust” è certa l’applicazione della disciplina sul fallimento. Con connessa inquadrabilità nell’area del regolamento n. 1346/2001 ed esclusione – osserva la Cassazione – “dell’operatività del regolamento n. 44/2001”.

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