Le Sezioni Unite intervengono sul centro degli interessi principali del debitore

Il giudice nazionale, nell’individuare il centro degli interessi principali del debitore (COMI, Centre of main interests), per determinare la propria competenza giurisdizionale, non è tenuto a verificare l’operatività di una presunzione tra sede statutaria e COMI, se non nei casi in cui la sede legale “non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura d’insolvenza”. Non solo. L’accertamento sull’individuazione del COMI spetta al giudice di merito e non è sindacabile nel giudizio di legittimità. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 28981 depositata il 17 dicembre, chiamata ad applicare il regolamento n. 2015/848 relativo alle procedure d’insolvenza e che abroga il 1346/2000 (28981-20). Al centro della vicenda, l’impugnazione della sentenza della Corte di appello di Bologna con la quale era stata confermata la giurisdizione del giudice italiano in un caso di fallimento di una società con sede in Portogallo, il cui trasferimento di sede era avvenuto nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura concorsuale. Per questo motivo, la Corte di appello aveva ritenuto che il principio della coincidenza del centro degli interessi principali del debitore con la sede legale fosse superabile, ritenendo che la nuova ubicazione formale fosse fittizia. Nel dichiarare il ricorso inammissibile, la Suprema Corte, precisato che nel caso di specie era applicabile il regolamento n. 2015/848 e non il regolamento 1346/2000, ha sottolineato che il radicamento della competenza giurisdizionale è nel centro degli interessi principali del debitore, come stabilito dall’art. 3 del regolamento, in base al quale “sono competenti ad aprire la procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (procedura principale di insolvenza)”, che è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi e, nel caso di società, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale. L’indicata disposizione, precisa, inoltre, che la suddetta presunzione “si applica solo se la sede legale non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura d’insolvenza”. Di conseguenza, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la presunzione indicata nel regolamento non è applicabile proprio perché il trasferimento della sede all’estero era avvenuto nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura concorsuale, come accertato dal giudice di merito. Così, la Cassazione ha confermato la giurisdizione del giudice italiano, dichiarando l’inammissibilità del ricorso.

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