La Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza n. 29569 depositata il 18 novembre (ordinanza), è intervenuta a chiarire, in una controversia riguardante un incidente stradale all’estero, il rapporto tra articolo 3 della legge n. 218/1995 e regolamento 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I bis).
La vicenda aveva al centro due turisti che, durante un’escursione in Namibia, prevista all’interno di un tour organizzato da un’agenzia italiana, erano stati vittime di un incidente stradale. I turisti avevano presentato un’istanza di risarcimento nei confronti del tour operator dinanzi al Tribunale di Milano. I giudici avevano accordato il risarcimento e condannato la società ausiliaria, che aveva operato materialmente la prestazione, chiamata in garanzia dal tour operator, a corrispondere il risarcimento. L’istanza era stata parzialmente accolta: la società ausiliaria aveva impugnato il provvedimento, ma la Corte di appello aveva confermato il verdetto respingendo la tesi del difetto di giurisdizione del giudice italiano. A seguito di ciò, la società ausiliaria, che aveva organizzato l’escursione per conto del tour operator, si è rivolta alla Cassazione. Le sezioni unite civili hanno confermato la corretta applicazione dell’articolo 3 della legge n. 218/1995 effettuata dai giudici di merito. L’articolo 3, precisa la Cassazione, dopo aver affermato la giurisdizione del giudice italiano se il convenuto è domiciliato o residente in Italia o se ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, dispone l’applicazione delle sezioni II, III e IV della Convenzione di Bruxelles, sostituita dal regolamento n. 1215/2012, anche se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro. Nessun dubbio – osserva la Suprema Corte – che vada applicato, proprio per garantire uniformità della disciplina e rafforzare la certezza normativa, il regolamento n. 1215/2012 in luogo della Convenzione “stante la natura mobile del rinvio” effettuato dall’articolo 3 della legge n. 218/95 e stante la “nazionalizzazione” dell’allora Convenzione. Per la Cassazione sarebbe contrario alla volontà del legislatore e “alla ratio sottesa ritenere che la sostituzione della Convenzione con uno strumento di diritto dell’Unione europea, espressione di una più forte armonizzazione del diritto internazionale privato europeo, comporti il venire meno dell’uniformità normativa perseguita dal legislatore italiano della riforma di diritto internazionale privato del 1995”. Pertanto, poiché l’articolo 8, n. 2 del regolamento n. 1215/2012, nel caso di chiamata in garanzia, dispone che una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta dinanzi all’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale, la competenza del giudice italiano sussiste anche nei casi in cui il convenuto sia domiciliato in uno Stato extra Ue. La Cassazione, inoltre, precisa che è irrilevante la distinzione tra garanzia propria e impropria, con la conseguenza che l’unico accertamento svolto dal giudice deve essere quello “della non pretesuosità della chiamata in causa”. Nel caso in esame la domanda del tour operator nei confronti della società namibiana, finalizzata a evitare di dover corrispondere il risarcimento ai due turisti, era fondata su un rapporto di c.d. garanzia e, quindi, la Cassazione ha confermato la giurisdizione del giudice italiano.
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