Giurisdizione italiana e rinvio alla Convenzione di Bruxelles: chiarimenti dalla Cassazione

È il giudice del luogo di esecuzione dell’obbligazione che caratterizza il contratto a determinare il giudice competente in una controversia transnazionale che ha al centro un contratto di vendita di beni o prestazione di servizi. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sezioni unite civili, con l’ordinanza n. 34032/2023 depositata il 5 dicembre (ordinanza). A rivolgersi alla Suprema Corte è stata un’azienda, con sede legale negli Stati Uniti, la quale era stata destinataria di un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Vicenza su richiesta di un’azienda italiana che aveva proceduto alla posa in opera di rivestimenti in marmo in un hotel in costruzione negli Usa. Secondo l’azienda statunitense il giudice italiano non sarebbe quello competente e, quindi, non avrebbe potuto emettere il decreto ingiuntivo. Tesi condivisa dalla Corte di Cassazione. Il decreto ingiuntivo era stato adottato sulla base di un contratto di subappalto da eseguire interamente negli Stati Uniti, ma l’azienda italiana si era rivolta al giudice italiano sostenendo che fosse competente in base all’articolo 7 del regolamento n. 1215 del 2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I bis) richiamato dall’articolo 3 della legge n. 218/1995: l’articolo 7 per le obbligazioni contrattuali attribuisce la giurisdizione al giudice del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione che, però, ad avviso dell’azienda italiana andava identificato nell’obbligazione del pagamento da adempiere nella sede del creditore. Una tesi respinta dalla Cassazione anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della ormai consolidata giurisprudenza della Cassazione secondo la quale il rinvio alla Convenzione di Bruxelles, effettuato dall’articolo 3 della legge n. 218/95, deve intendersi in un rinvio prima al regolamento n. 44/2001 e poi al n. 1215/2012. Il rinvio di cui all’articolo 3, infatti, è un rinvio “di natura ricettizia materiale di tipo mobile (o dinamico”). Va così applicato l’articolo 7 del regolamento n. 1215/2012 e non il precedente articolo 5 della Convenzione di Bruxelles. L’articolo 7 – osserva la Cassazione – “ha sottratto – per i contratti di compravendita di beni e per quelli afferenti alla prestazione di servizi – l’interpretazione del criterio di collegamento al metodo analitico anteriormente seguito dalla Convenzione del 1968 e al rischio di frammentazione della giurisdizione che fatalmente ne conseguiva”. Per la Cassazione, poiché l’obiettivo del regolamento è anche assicurare che non vi sia la pendenza di procedimenti paralleli e che non vengano emesse decisioni incompatibili, la giurisdizione in materia contrattuale “non è più determinabile sempre e solo in base al luogo di esecuzione dell’obbligazione specificamente dedotta in giudizio”. Nel caso di compravendita di beni, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è quella in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto così come nel caso di prestazione di servizi il luogo è quello dello Stato in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto. Di conseguenza, in forza del rinvio di cui all’articolo 3 della legge n. 218/95 all’articolo 7 del regolamento n. 1215/2012 la giurisdizione va determinata in base al luogo di esecuzione dell’obbligazione caratterizzante il contratto. Pertanto, tenendo conto della funzione dell’appalto o del subappalto simile a quella del contratto di prestazione dei servizi, la giurisdizione italiana va esclusa. 

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