Gli Stati che hanno ratificato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo continuano ad avere un sistema a geometria variabile nell’applicazione delle regole convenzionali anche in materia di giustizia. Ogni Stato, poi, ha proprie peculiarità nell’organizzazione del sistema giustizia ed è ancora presente una spaccatura tra i Paesi dell’est Europa e Stati occidentali. Risulta anche dallo studio della Commissione europea per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa, CEPEJ, sui sistemi giudiziari dei Paesi dell’est Europa (CEPEJ21_EN), redatto da Jean-Paul Jean e Ramin Gurbanov. Diffuso nei giorni scorsi, lo studio ha al centro l’analisi di Paesi come Armenia, Azerbaijan, Estonia, Georgia, Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina. In primo piano, la comparazione tra le regole di accesso alla giustizia e all’assistenza giudiziaria gratuita, nonché un’analisi dei costi, del budget per la giustizia e dell’organizzazione del sistema giudiziario. Con anomalie rispetto ai diritti convenzionali. Basta un esempio: in alcuni Paesi come Armenia, Estonia, Georgia, Lettonia e Ucraina mancano ancora norme che assicurino una riparazione nei casi di durata eccessiva dei processi. Gravi problemi anche per l’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, con un allarme rosso per Ucraina e Russia. Se la durata media dei procedimenti di divorzio vede i Paesi dell’est Europa al di sotto di quella europea (con una media di 191 giorni e l’eccezione di Ucraina che arriva a 400 giorni e Lettonia a 220), in materia di procedure fallimentari il trend è opposto con una media pari a 675 giorni. Alto il numero di avvocati, dovuto anche all’alto tasso di litigiosità e in aumento quello dei notai che è valutato positivamente dal Cepej.
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paola murru
agosto 7, 2016Sono un magistrato, Presidente del più piccolo Tribunale d’Italia.
Trovo naturalmente di grande interesse i dati Cepej ma ritengo che, nei commenti, perché il pubblico comprenda davvero qualcosa, sia necessario mettere immediatamente a confronto i dati relativi al carico di lavoro pro capite dei magistrati italiani e di quelli degli altri paesi europei. Credo che questo evidenzierebbe l’insostenibile impegno quotidiano dei magistrati italiani che, nonostante ciò, non sono materialmente in grado, salva comunque l’utilità delle cc.dd buone prassi, di ribaltare una incresciosa situazione di stallo che è di sistema.
Si rischia altrimenti di far passare l’idea, in realtà purtroppo ben radicata, che i magistrati italiani siano dei “fannulloni”; cosa assolutamente contraria al vero.
Paola Murru
Marina Castellaneta
agosto 31, 2016Mi scusi il ritardo nella risposta. La ringrazio per l’attenzione. Il blog ha un carattere informativo (me ne occupo da sola) e, quindi, solo raramente mi è possibile approfondire con post più dettagliati. Tuttavia, mi sembra che nel caso di specie nel post non vi fosse alcun elemento che potesse far venire in mente il mancato lavoro dei magistrati. Mi sembra che anche nel rapporto non ci fosse nulla in questa direzione.