I Paesi Bassi responsabili per non aver condotto indagini adeguate sulla morte di un cittadino iracheno a Baghdad

Un’indagine condotta in modo lacunoso, omettendo di considerare aspetti rilevanti dell’episodio che ha condotto alla morte di un cittadino iracheno. Di qui la condanna per violazione dell’articolo 2 della Convenzione dei diritti dell’uomo, che assicura il diritto alla vita, disposta dalla Grande Camera della Corte europea nella sentenza Jaloud contro Paesi Bassi (ricorso n. 47708/08) depositata oggi (CASE OF JALOUD v. THE NETHERLANDS). A Strasburgo si era rivolto il padre di un cittadino iracheno ucciso nel 2004 da un militare delle forze armate olandesi presenti in Iraq, che contribuivano alla Forza di stabilizzazione, in una zona sotto il controllo inglese. Nell’area, tuttavia, erano presenti militari olandesi che, in base all’accordo tra i due Paesi, seguivano le regole di ingaggio del proprio Stato. L’episodio contestato era avvenuto a un checkpoint controllato dalle forze irachene e olandesi, allorquando un’automobile si era avvicinata senza fermarsi al posto di blocco. I militari olandesi avevano iniziato a sparare colpendo il figlio del ricorrente. L’indagine successiva, compiuta dalle forze armate dei Paesi Bassi, aveva dimostrato che il fuoco era stato esploso sia dalle forze olandesi che da quelle irachene e che il militare olandese sospettato dell’uccisione aveva agito in legittima difesa. Non ottenendo giustizia, il padre si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo che gli ha dato ragione. Prima di tutto, la Grande Camera ha confermato, sulla base della precedente prassi, che rientrano nella giurisdizione degli Stati parti alla Convenzione gli atti compiuti al di fuori del proprio territorio laddove si tratti di zone sulle quali gli Stati hanno il controllo effettivo. Nel caso in esame, dopo aver delineato il quadro convenzionale e giurisprudenziale esistente sul piano internazionale, la Corte ha respinto la tesi olandese secondo la quale la propria responsabilità doveva essere esclusa in considerazione del fatto che Potenze occupanti erano Stati Uniti e Regno Unito, chiarendo che il fatto di eseguire un ordine proveniente da un governo straniero non è sufficiente a escludere che lo Stato debba rispondere dell’adempimento degli obblighi convenzionali. Per Strasburgo, inoltre, il test per stabilire la giurisdizione ai sensi dell’articolo 1 non è identico al test per verificare la responsabilità internazionale di uno Stato. Affermata così l’applicazione della Convenzione, la Corte ha accertato la violazione del diritto alla vita affermato dall’articolo 2. La Grande Camera ha respinto la tesi secondo la quale i Paesi Bassi non avrebbero condotto un’indagine indipendente anche se le attività istruttorie iniziali erano state svolte proprio dai militari che condividevano con i sospettati la vita quotidiana nel campo militare. Così come ha ritenuto salvaguardato il principio d’indipendenza dell’organo giudicante malgrado fossero presenti militari nell’organo giurisdizionale chiamato a pronunciarsi sulla vicenda. Detto questo, però, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di omissioni durante le indagini soprattutto per il fatto che gli organi competenti si erano limitati a verificare che il presunto autore dell’illecito avesse agito in legittima difesa, senza però valutare se l’uso della forza fosse stato proporzionato. In pratica, non è stato considerato se erano stati sparati troppi colpi e se gli spari erano cessati appena fosse stato superfluo procedere in questo senso. Non solo. L’autopsia non è stata condotta con rigore non assicurando la presenza di ufficiali olandesi qualificati. Il rapporto autoptico era breve, lacunoso e privo di immagini. E’ vero che la conduzione di indagini in un Paese straniero poteva presentare difficoltà, ma ciò non toglie che le modalità  di svolgimento delle indagini non sono state conformi alla Convenzione europea. Di qui la violazione dell’articolo 2 e l’obbligo per i Paesi Bassi di corrispondere 25mila euro per i danni morali subiti dal padre della vittima.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/cedu-strasburgo-interpreta-la-convenzione-secondo-il-diritto-internazionale-umanitario.html

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