Extraterritorialità: i giudici Usa intervengono sull’applicazione del principio nel caso di reati commessi in Iraq

I giudici statunitensi tornano sull’applicazione extraterritoriale della legislazione interna. La Corte di appello  per il nono distretto, con la sentenza depositata il 28 febbraio 2024 nel caso United States of America v. Ahmed Alahmedalabdaloklah (D.C. n. 18-10435USA iraq), ha chiarito i criteri per verificare in quali casi è possibile ribaltare la presunzione relativa alla non applicazione di una legge civile o penale al di fuori del territorio Usa. La vicenda riguardava un cittadino siriano accusato di aver aiutato a sviluppare dispositivi esplosivi poi utilizzati da un gruppo paramilitare in Iraq, contro obiettivi statunitensi. L’uomo era stato condannato per aver contribuito alla realizzazione di armi di distruzione di massa e danneggiamenti, mentre era stato assolto per l’omicidio di alcuni cittadini Usa e per aver fornito materiale a gruppi terroristici e, quindi, per aver partecipato a un’organizzazione criminale che aveva preso di mira i militari e i beni statunitensi. Dopo la condanna, l’uomo aveva impugnato la sentenza. La Corte di appello ha confermato in parte il verdetto, chiedendo invece una revisione della sezione della sentenza con la quale era stata disposta la condanna per aver partecipato alla cospirazione per la commissione di crimini di violenza, passando nuovamente la parola ai giudici di primo grado. Con riguardo alla questione dell’extraterritorialità, la Corte di appello ha osservato che le norme statunitensi si applicano, come presunzione generale, solo sul territorio Usa e non su condotte svolte all’estero. Questo – scrivono i giudici – è stato chiarito in numerose sentenze con le quali è stata dimostrata la contrarietà alla presunzione di extraterritorialità sia con riguardo alle leggi penali che a quelle civili. Tale presunzione, però, può essere ribaltata se risulta che esistono elementi per ritenere che il Congresso perseguiva l’applicazione extraterritoriale della legge e se non vi sono elementi contrari dal punto di vista dell’ordinamento internazionale. Con riferimento ad alcuni capi di accusa, la Corte ha ritenuto che la presunzione contro l’extraterritorialità era stata correttamente confutata. In particolare, con riguardo al capo di accusa n. 2, le norme interne erano applicabili al di fuori del territorio Usa perché gli atti commessi costituivano una minaccia all’interesse nazionale. Di conseguenza, i giudici statunitensi avevano competenza a pronunciarsi sulla responsabilità dell’imputato e ad applicare le norme interne tenendo conto che la distruzione di beni del Governo crea un ostacolo alle funzioni federali ovunque esse siano realizzate.

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