Il segreto di Stato vince sulla tutela dei diritti umani

La sicurezza nazionale prima di tutto. Per la Corte d’appello Usa, 9° Circuito (B. Mohamed e altri contro Jeppesen Dataplan Inc. 08-15693), che si è pronunciata l’8 settembre sul diritto di alcuni individui sospettati di terrorismo e vittime delle cosiddette extraordinary renditions ad opera della Cia di vedere accertata l’esistenza di forme di tortura nei propri confronti durante le consegne straordinarie ad altri Paesi, prevale la sicurezza nazionale. Una vittoria per l’amministrazione Obama che aveva invocato il segreto, ma certo una sconfitta per chi, come l’associazione American Civil Liberties – che ha affiancato i ricorrenti nel processo –  si batte per fare chiarezza sulla pagina buia della pratica delle extraordinary renditions. Tra gli altri ricorrenti anche un cittadino etiope, arrestato in Pakistan nel 2002 e poi consegnato al Marocco. Dopo essere stato a lungo torturato, era stato riconsegnato alla Cia e, secondo la sua ricostruzione, trasferito in una prigione afgana e poi a Guantanamo dove era rimasto per altri 5 anni. Solo nel 2009 era tornato in Inghilterra dove risiedeva e qui liberato. Aveva poi citato in giudizio la Jeppesen Dataplan, una sussidiaria della Boeing accusata di aver fornito gli aerei per i voli che hanno inghiottito nel nulla i ricorrenti. La Corte d’appello riconosce che si è trattato di un caso di «gross violation of the norms of international law remediable under Alien Tort Statute» ma, in questo caso, tenuto conto delle circostanze eccezionali sottolineate dall’amministrazione americana, le esigenze di sicurezza giustificavano il segreto di Stato.

Quindi silenzio sulla vicenda. Con buona pace di chi aveva sperato in cambio concreto rispetto alla Presidenza Bush.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *