Irretroattività della legge penale: chiarimenti dalla Grande Camera

La Spagna deve liberare immediatamente la condannata per terrorismo Ines del Rio Prada. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza della Grande camera depositata ieri, suscitando forti proteste del Governo spagnolo che teme un effetto a catena della condanna anche su altri detenuti per omicidi legati al terrorismo dell’Eta (CASE OF DEL RIO PRADA v. SPAIN). La ricorrente, militante dell’Eta, era stata condannata a oltre 3mila anni di carcere per diversi omicidi e atti di terrorismo. Grazie all’art. 70 del codice penale, la pena da scontare non poteva eccedere i 30 anni in quanto le diverse condanne riguardavano fatti connessi. La donna, poi, aveva ottenuto anche una riduzione di pena per buona condotta.Tuttavia, a seguito dell’interpretazione fornita dalla Corte suprema spagnola che aveva modificato il proprio precedente orientamento nel 2006, era stato stabilito che la riduzione di pena non doveva essere calcolata con riferimento ai 30 anni, ma al totale della pena. Così, in pratica, la donna non sarebbe potuta uscire dal carcere nel 2008 ma nel 2017. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha bocciato l’applicazione retroattiva della teoria Parot, affermata dalla Corte suprema. Secondo la Grande Camera, che ha confermato il giudizio della Camera del 10 luglio 2012, la Spagna ha violato l’articolo 7 della Convenzione europea che riconosce il principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole e il principio nulla poena sine lege. Il cambiamento giurisprudenziale della Corte suprema, infatti, aveva leso il diritto della ricorrente a vedersi applicata la legge esistente all’epoca dei fatti e a conoscere la portata della pena inflitta che, in base a precedenti orientamenti, conduceva a una quantificazione pari a 30 anni. Su questa pena, poi, doveva essere applicato lo sconto per buona condotta in ragione del lavoro svolto in carcere. Respinte anche le obiezioni del Governo secondo il quale l’art. 7 non doveva trovare applicazione perché la modifica giurisprudenziale non riguardava la portata della pena inflitta ma unicamente le modalità di esecuzione. Una tesi che non ha convinto la Corte europea secondo la quale la distinzione tra le due misure non è così netta e la donna a causa delle dottrina Parot era stata privata di ogni effetto utile in ordine allo sconto di pena. Di conseguenza, per la Grande Camera, la dottrina Parot non solo aveva condotto a una modifica sulle modalità di esecuzione, ma anche sulla portata della pena con la conseguenza che l’articolo 7 è applicabile, tanto più che le modifiche introdotte non erano in alcun modo prevedibili. Accertata anche una violazione dell’articolo 5 della Convenzione, la Grande Camera ha ordinato alla Spagna l’immediata liberazione della ricorrente – unica possibilità per rimediare  e mettere fine alla violazione commessa da parte della Spagna – disponendo anche un indennizzo pari a 30.o00 euro.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/irricevibile-il-terzo-ricorso-di-previti-alla-cedu.html

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