La Cassazione su arbitrato ICSID e giurisdizione interna – Italian Supreme Court on arbitration under ICSID and national judicial remedies

Il procedimento arbitrale pendente dinanzi all’International Centre for the Settlement of Investment Disputes (ICSID) tra l’Argentina e l’associazione per la tutela degli investitori in titoli del Paese sudamericano (Task Force Argentina), non blocca l’azione di un investitore in Italia. La Corte di Cassazione, I sezione civile, con sentenza n. 29354/18 depositata il 14 novembre (29354:18) ha accolto il ricorso di alcuni eredi di un investitore in titoli argentini chiarendo che la pendenza di un giudizio arbitrale dinanzi all’ICSID in base all’articolo 8 dell’accordo di Buenos Aires tra Italia e Argentina del 22 maggio 1990 “non rende improponibile l’azione intrapresa dell’investitore italiano che abbia in precedenza aderito alla detta associazione, nei confronti della banca intermediaria nell’acquisto di quei titoli”. I ricorrenti avevano impugnato la pronuncia della Corte di appello di Roma che aveva ribaltato il procedimento di primo grado. Il Tribunale, infatti, aveva dichiarato la nullità, in mancanza di forma scritta, di un contratto per la prestazione di servizi di investimento, incluso, quindi, l’ordine di acquisto delle obbligazioni argentine. La banca aveva impugnato la pronuncia sostenendo l’improcedibilità dell’azione in forza della pendenza della procedura arbitrale avviata dall’associazione Task Force Argentina dinanzi all’ICSID, l’organo internazionale per la soluzione delle controversie in tema di investimenti previsto dalla Convenzione di Washington del 1965. La Corte di appello aveva accolto il ricorso della banca, dando torto agli eredi dell’investitore. Di diverso avviso la Cassazione. Per la Suprema Corte, infatti, l’avvio della procedura arbitrale non preclude l’azione dinanzi ai giudici italiani. Questo perché – osserva la Cassazione – sono diversi i soggetti che ne sono parte: presso l’ICSID, infatti, sono parti del procedimento la Task Force Argentina e lo Stato sudamericano, mentre nel procedimento italiano le parti sono gli eredi dell’investitore e la banca intermediaria. Differente anche il petitum e la causa petendi. Non solo. La Cassazione ha cura di precisare che nella stessa Convenzione di Washington non è inclusa una norma che impedisca all’investitore danneggiato un’azione civile nei confronti di un soggetto diverso rispetto alla controparte nel procedimento arbitrale. E’ vero, infatti, che l’articolo 26 dell’indicata Convezione prevede che il consenso alla procedura di arbitrato comporta una presunzione di rinuncia ad altre forme di ricorso, ma ciò unicamente se le parti nei due procedimenti sono le stesse. A ciò si aggiunga che se fosse preclusa la possibilità di agire contro l’intermediario si verificherebbe una violazione del principio costituzionale della tutela giurisdizionale effettiva. Così, la Cassazione ha annullato la pronuncia dei giudici di secondo grado, rinviando alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, tenuta ad applicare il principio di diritto fissato nella sentenza in esame.

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