La Cassazione torna sul diritto a conoscere le proprie origini

La Corte di Cassazione torna sul diritto a conoscere le proprie origini. E lo fa con l’ordinanza n. 22497 depositata dalla prima sezione civile il 9 agosto (Origini Cassazione) con la quale la Suprema Corte ha stabilito che il diritto a conoscere l’identità della madre da parte della figlia, nata da parto anonimo, deve essere contemperato con la volontà della madre di rimanere anonima, valutando la sua salute e la sua condizione personale e familiare. Per la Cassazione è necessario assicurare un giusto bilanciamento tra diritti fondamentali. Il diritto a conoscere le proprie origini – ricorda la Cassazione – è previsto dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata dall’Italia con legge n. 176/1991 e dalla Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, oltre ad essere assicurato dall’articolo 28 della legge n. 184/1983 e dall’articolo 24 della legge n. 149/2001. L’articolo 28, però, pur affermando il diritto ad accedere alle informazioni sull’origine e l’identità dei genitori biologici, prevedeva, al comma 7, che tale diritto non era esercitabile se il genitore biologico aveva dichiarato di non volere essere nominato. La Cassazione ha preso in esame anche le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, la sentenza Godelli contro Italia del 25 settembre 2012 con la quale era stata criticata la legislazione italiana “nella parte in cui non prevedeva un meccanismo di bilanciamento dei due opposti interessi, entrambi meritevoli di tutela”. Era poi intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 278 del 2013 dichiarando l’illegittimità del comma n. 7 ed evidenziando l’irragionevolezza dell’irreversibilità del segreto derivante dalla scelta dell’anonimato. La Consulta aveva chiesto al legislatore di intervenire e, tuttavia, con una pronuncia additiva aveva fornito i principi generali per colmare la lacuna dell’ordinamento italiano (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/sentenze-cedu-e-interventi-delle-corti-costituzionali-nazionali-in-un-documento-del-comitato-dei-ministri.html).

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha valutato il bilanciamento e ha confermato il decreto della Corte di appello di Trieste con il quale era stato negato il diritto della figlia a conoscere l’identità della madre che era molto anziana e in precarie condizioni di salute. Detto questo, però, la Corte di Cassazione ha precisato che, invece, la figlia può accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della madre per conoscere l’esistenza di eventuali malattie ereditarie trasmissibili a condizione che venga garantito l’anonimato “erga omnes”.

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